104 anni fa nasceva Gino Bartali, considerato uno dei ciclisti migliori di sempre. Celebre per aver vinto tre Giri d’Italia e due Tour de France tra gli anni Trenta e Cinquanta e per la sua documentata concorrenza sportiva con Fausto Coppi. La notorietà assoluta è arrivata proprio terminata la seconda guerra mondiale e la rivalità con Coppi, lo rese tanto popolare. Il suo ritiro ufficiale è avvenuto nel 1954 dopo una gara organizzata per l’occasione a Città di Castello, la città dove si era rintanato per qualche mese alla fine della guerra. Morto il 5 maggio del 2000, sei anni dopo l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha consegnato a sua moglie Adriana Bartali la medaglia d’oro al valor civile per il ruolo che Bartali aveva avuto proprio nel corso della Seconda guerra mondiale nel salvare la vita a decine di ebrei italiani, portando fotografie e documenti da una città all’altra, occultati nei tubi della sua mitica due ruote. (Aggiornamento di Valentina Gambino)



LA VITTORIA DEL ’48

Correva l’anno 1948 e l’Italia era sull’orlo della guerra civile: la vittoria della Democrazia Cristiana non aveva posto fine al livello di scontro fra mezza Italia partigiana e comunista e mezza altra cattolica e per niente disposta a vedere nascere una rivoluzione rossa nel giardino di casa. Non solo, il segretario del Pci e padre cosciente, Palmiro Togliatti, divenne vittima di un attentato in cui per alcuni giorni si temette potesse perdere la vita. È in quei giorni in cui gli scontri e le piazze erano prossime alla guerra civile per poter instaurare la rivoluzione da parte dei tantissimi partigiani comunisti presente nel nostro Paese e intenzionati a prendere la via del Cremlino piuttosto che l’ingresso nella Nato americana. Un uomo, precisamente Gino Bartali, riuscì ad evitare tutto questo: come? Semplice, vinse il Tour de France a 34 anni, quando tutti lo davano per finito e senza speranze alla corsa più importante del mondo. La vittoria di Bartali al Tour per la incredibile grandiosità dell’impresa, per la fama del suo protagonista e per l’onore che l’Italia riuscì ad ottenere nonostante un Paese diviso e ancora pieno di macerie, contribuì a calmare le cose ed evitò, forse definitivamente, che l’Italia divenisse una delle Repubbliche Sovietiche. Anche per questo, grazie Gino.. (agg. di Niccolò Magnani)



“IL BENE SI FA, MA NON SI DICE”

La storia di Ginettaccio era soprannominato, va oltre i meriti sportivi e arriva agli anni della Seconda Guerra Mondiale quando il ciclista salvò 800 ebrei dalle deportazioni nazifasciste. Bartali, infatti, faceva parte della Delegazione per l’Assistenza degli Emigranti Ebrei, un’organizzazione formata da attivisti cattolici che si mobilitavano per aiutare l’arresto e la deportazione nei campi di concentramento. Dal 1944 al 1945, il grande campione era solito percorrere in bicicletta la strada tra Firenze e Assisi (che tra andata e ritorno è di circa 400 chilometri) per ottenere i documenti falsi che venivano stampati da una tipografia clandestina della cittadina umbra. Per evitare di non farsi scoprire, Bartali nascondendeva tali documenti nel telaio della bicicletta, dando così a centinaia di ebrei la possibilità di fuggire. A chi parlava di tale atto eroico, il grande campione era solito rispondere: “Il bene si fa, ma non si dice”. E proprio per il suo coraggio, è diventato “Giusto tra le Nazioni” e in suo onore c’è oggi un albero nel Giardino dei Giusti dello Yad Vashem. [Agg. di Dorigo Annalisa]



I SUOI NUMEROSI SUCCESSI

E’ Gino Bartali il protagonista del doodle di Google oggi, mercoledì 18 luglio 2018: 104 anni fa infatti nasceva a Ponte a Ema, piccolo centro toscano, uno degli sportivi più amati della storia del nostro Paese. Professionista dal 1934 al 1954, Bartali è stato protagonista di una delle rivalità sportive più entusiasmanti della storia del ciclismo: quella con Fausto Coppi, che gli ha conteso numerose vittorie e numerosi podi. Nel corso della sua carriera il ciclista su strada ha vinto tre Giri d’Italia (1936, 1937 e 1946) e due Tour de France (1948), oltre ovviamente a decine di altre corse tra gli anni Trenta e Cinquanta: tra le altre citiamo le Milano-Sanremo, quattro in totale, e il Giro di Lombardia, tre successi. Una carriera conclusa nel 1954 e condizionata dalla Seconda Guerra Mondiale, sopraggiunta nel suo momento migliore.

LA RIVALITA’ CON FAUSTO COPPI

Gino Bartali, soprannominato Ginettaccio, è stato protagonista della storica rivalità con Fausto Coppi come dicevamo: il testa a testa tra i due divise l’Italia dopo la Seconda Guerra Mondiale e secondo molti anche per le diverse posizioni politiche tra i due. Un confronto rappresentato anche da una immagine che ha fatto la storia: la foto che li ritrae mentre si passano una bottiglietta d’acqua nel corso dell’ascesa al Col du Galibier al Tour de France del 1952. Terminato il percorso da ciclista professionista, Bartali acquistò la San Pellegrino Sport ma con il passare degli anni ha deciso di abbandonare quel mondo. Ma non sono mancate le critiche severe, in particolare su temi come il doping, la corruzione e gli ingaggi troppo elevati. La morte lo colse il 5 maggio del 2000: un attacco di cuore fatale mentre si trovava nella sua abitazione di Firenze in Piazza Cardinale Elia Dalla Costa.

LA CITTADINANZA ONORARIA DI ISRAELE

Deceduto diciotto anni fa, Gino Bartali è sempre protagonista anche nei giorni nostri. Come evidenziato dai colleghi de La Stampa, il ciclista è stato nominato cittadino onorario di Israele. Il suo nome è inciso sulla parete in pietra di Gerusalemme dal 2013 e la nipote Gioia, presente in rappresentanza della famiglia, ha evidenziato che “al di là della sua storia, io sono la testimonianza della grande umanità e della grande bontà di mio nonno Gino. Gino Bartali è stato un grande campione dello sport ma oggi soprattutto è ricordato perché è un grande campione della vita. Mio nonno era un uomo di pace”. Gino Bartali infatti salvò tanti ebrei italiani negli anni duri della guerra, come confermato anche dalle numerose testimonianze: “«Questa è la storia di un uomo giustoche, in un’Europa immersa nell’odio e nell’ingiustizia, decise di non rinunciare a rendere il mondo un posto migliore, “tikkun olam”, come si dice qui. Una dimostrazione di coraggio, altruismo, saggezza, e – nel caso di Gino Bartali – un enorme sforzo fisico” ha ricordato l’Ambasciatore Benedetti.