Caro direttore,
è un momento convulso, difficile, interessante. Come tutti i momenti della storia lo sono per chi ha cuore acceso e ragione spalancata. Per questo anche quest’anno con amici antichi e sempre nuovi faremo a Milano il “Piccolo festival dell’essenziale” a metà settembre. Anche il Sussidiario — testata che ha avuto la gentilezza di concedermi talvolta spazio — mi pare faccia la sua parte per cercare di offrire contributi di riflessione.
Per questo ti scrivo per segnalare alcune cose interessanti che ho notato nel recente intervento a firma Giuseppe Frangi condite però in una spezia a mio avviso avvelenata.
Di recente ho avuto l’onore che un mio verso sia stato usato dal ministro e leader della Lega Matteo Salvini in apertura del suo comizio a Pontida. È un onore e una sfida ogni volta che qualcuno ritiene che un mio verso o poesia possa dare parole alla parte migliore di sé e al proprio tentativo di vivere, sia un ministro o un malato in ospedale o altri politici o un ragazzino innamorato. Del resto ero in compagnia di alcune citazioni (da Livatino alla Weil) che non possono che intimorire e onorare.
Ma non è di poesia in senso stretto che ti voglio parlare. Non faccio politica e non ho mai chiesto nulla di personale alla politica. Ma in questo clima di scontro (anche l’esser citati per molti è diventato motivo di “scandalo” e ti risparmio certi beceri commenti) ho trovato salutare nel pezzo di Frangi una capacità di guardare fatti, comportamenti e attitudini di pensiero, intorno allo specifico tema dei migranti, con una sana dose di realismo. Si tratta di un fenomeno imponente, globale e di varia natura, quindi ovviamente non semplificabile, né nella diagnosi né nelle ipotesi di comportamenti conseguenti. Ma se da un lato è comprensibile (piaccia o meno) che per motivi di comunicazione politica i leader politici di ogni parte semplifichino in slogan i loro intendimenti, è deleterio che invece uomini cosiddetti di cultura e pensatori creino slogan banali e narcisi invece di tentativi di comprensione. Al proposito è stato encomiabile il pezzo di Ferrara su Saviano (uno condannato in Cassazione perché ha copiato parti di libro e che quindi dovrebbe avere, anche solo per questo, il buongusto di tacere per un po’). A un fenomeno che ha una radice sociale istituzionale ed economica fortissima occorre una risposta sociale istituzionale ed economica forte. Non si risponde ai problemi complicati con i buoni sentimenti o con pratiche ingenue che spostano il problema o fingono di non vederlo. Chi come me è operativamente ogni giorno impegnato in tentativi di creazione di lavoro per migranti sa la complessità di cui sto accennando. Frangi riconosce che in molti casi l’atteggiamento imperante tra coloro che osteggiano le politiche dell’attuale governo sono state banalità e mancanza di realismo. Del resto l’ex ministro Scotti (non certo l’immagine di “uomo forte e solo al comando”) ha ricordato recentemente che quando lui e il suo governo rimandarono indietro decine di migliaia di albanesi nessuno ebbe da ridire e che dunque certe critiche a Salvini che vuol far rispettare la legge e chiamare a corresponsabilità politica e istituzionale l’Europa non le capisce.
Ma la spezia velenosa a mio modesto avviso del pezzo di Frangi come di tanti intellettuali e commentatori sta nell’aver deciso a priori chi sono i “buoni” e chi “i cattivi”. Nel chiedersi come mai le “forze del bene” sembrano meno eloquenti di quelle del male compie un atto manicheo che nemmeno il Berlusconi più vispo dei tempi migliori del suo anticomunismo viscerale. Intendo che dividere gli italiani in “forze del bene e forze del male” di fronte a un problema tragico e che interroga tutti, sulla base di un comprensibile disaccordo su scelte politiche e istituzionali, è fuorviante e poco intelligente. Se forza del male è chi respinge navi non istituzionali che coprono l’ultimo miglio di un traffico d’esseri umani, come si dovrebbe chiamare invece chi queste navi o battelli di ogni genere incoraggiava a partire con il pedaggio di migliaia di morti avuti finora in naufragi avvenuti sotto ogni tipo di governo? O come si dovrebbe chiamare chi ha fatto in modo che si riempiano di prostitute nigeriane le nostre strade? Dove inizia questa forza del male, sotto quale certa bandiera politica, con quale governo? O forse bene e male sono mischiati, non per questo indistinguibili, ma non connotano il mondo in modo manicheo?
Si può essere d’accordo o meno con certe scelte politiche, ma ritenendo che in tutte le azioni complesse dinanzi a un problema enorme — e dove ci sono destini dei singoli da salvare sempre ma anche dinamiche di potere da non salvare necessariamente — ci possa essere del buono e del meno buono, se no si diventa ideologici (l’accordo di Minniti con trafficanti di esseri umani cos’era, bene o male, secondo lo schemino Frangi? Le decine di migliaia di morti sotto altri governi sono frutto di governi del male o del bene?).
Ci sono già troppi demagoghi in giro da un lato o dall’altro. Credo che i cristiani non debbano mai essere facilmente manichei. Né pensare che chi non la pensa come te su vicende di lettura complessa sia un posseduto dalle forze del male. Così si alimenta l’inutilità delle conversazioni, e una dislettura dei fenomeni. E, peggio ancora, un aumento di ira e di paraculismo, entrambi sterili.
Spero che queste parole, franche e brevi, possano essere di qualche utilità per i vostri lettori.