Nell’ultimo decennio il fenomeno dell’emigrazione italiana – definita “nuova emigrazione” – si è notevolmente acuito. Dal 2001 sembrerebbe aver avuto inizio l’espatrio di giovani e meno giovani di tutto il Paese, incrementandosi anno dopo anno fino a triplicarsi. La grande recessione e la crisi economica sembrerebbero essere le cause scatenanti di questo “esodo del terzo millennio”, che non coinvolge solo la nota “fuga dei cervelli”. Ci si sposta dai propri luoghi d’origine in tantissimi, con formazione ed educazione differenti, tutti uniti dalla consapevolezza di soddisfare i bisogni primari, anche grazie a opportunità lavorative gratificanti. La ricerca di una vita dignitosa e serena è alla base dell’emigrazione.
Sono sempre meno coloro i quali si accontentano di lavori sottopagati e precari, di contratti a termine, di tirocini e di stages a volte anche non retribuiti. Giovani e meno giovani hanno voglia di realizzarsi, di essere gli artefici della propria storia personale, di poter progettare il proprio futuro, costruendolo ciascuno secondo le proprie capacità.
La più grande difficoltà in alcune regioni italiane del Sud – come in Calabria, per esempio – è quella di sradicare vecchi schemi e condizioni, vecchi pregiudizi: in altre parole, quella di opporre resistenza al cambiamento e all’apertura mentale di cui ineluttabilmente si necessita per un sano miglioramento. La maggior parte dei calabresi e dei cittadini del Mezzogiorno sono stanchi di non veder rispettato il proprio valore, di dover accettare l’ingiusta realtà dei raccomandati e la richiesta di eccepibili compromessi. Certamente questa è una situazione che coinvolge l’intero Meridione e non soltanto la Calabria.
Ma dove sono diretti i nostri connazionali? Le destinazioni preferite sono, in ordine di scelta, il Regno Unito, la Germania, la Svizzera, la Francia e poi l’America e altre ancora. L’Inghilterra risulta essere la meta favorita per la possibilità di migliorare la lingua inglese, per l’organizzazione e il rispetto delle regole, per la qualità dei servizi e lo stile di vita in generale, oltre che per le numerose opportunità lavorative. Ciononostante, non è sempre facile integrarsi e tanto i sacrifici quanto i blue moods, sono ammorbiditi dalla consapevolezza di fare carriera dimostrando i propri meriti.
L’emigrazione non è un volto del destino a cui non ci può sottrarre. Questo granitico fenomeno fa molto riflettere. Sarebbe bene che l’Italia si riappropriasse della sua dignità, della sua bellezza e dei suoi tantissimi talenti, avendone cura nel tempo, motivo per cui sarebbe fondamentale focalizzare l’attenzione sui più urgenti obiettivi, al fine di restituire e garantire ai propri cittadini uno stile di vita umanamente dignitoso.
Intanto cerchiamo di vedere l’aspetto positivo dell’emigrazione, ossia il possibile vantaggio di grandi esperienze e successi, oppure, più semplicemente, la concreta possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita. Pensiamo, per esempio, a Pitagora. Anche lui era un emigrato e come lui molti altri. Non dimentichiamo che l’Italia è fatta dagli italiani. E gli italiani siamo noi. Dovunque andiamo.
Questa nostra terra è stata definita il Bel Paese dai nostri amati poeti per i suoi splendidi paesaggi, per il suo clima mite, la sua storia e la sua cultura. «Del bel paese là dove ‘l sì suona», recitava Dante. E Peppino Impastato diceva che «se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà».
(Monica Murano)