Era il 23 novembre del 1993, in pieno del periodo delle stragi della mafia, che Giuseppe Di Matteo, 12 anni, venne rapito da alcuni mafiosi su ordine dei boss Giovanni Brusca e Matteo Messina Denaro per punire il padre diventato collaboratore di giustizia e impedire che rivelasse troppe verità su di loro. La sua prigionia durò più di due anni, alla fine venne ucciso: l’11 febbraio 1996 venne strangolato, poi il suo corpo distrutto nell’acido. Il ragazzino venne rapito al maneggio dove si trovava per allenarsi con i cavalli: i criminali si travestirono da poliziotti facendogli credere di portarlo da padre, che in quanto collaboratore di giustizia si trovava da tempo in località segreta anche alla famiglia. Il padre non si piegherà mai al ricatto e continuò a collaborare, pensando che i mafiosi non potessero arrivare a tanto. Il codice d’onore della mafia infatti non prevede di uccidere i bambini, ma la mafia degli anni 90 era cambiata e non si fermò davanti al dodicenne (Agg. Paolo Vites)



LE PAROLE DI SPATUZZA

Furono esattamente 799 i giorni di prigionia del piccolo Giuseppe Di Matteo, sciolto nell’acido su ordine di Cosa Nostra, a partire dal boss Giovanni Brusca. L’obiettivo di quel rapimento poi trasformatosi in uno dei peggiori delitti della storia mafiosa, era quello di convincere il padre del ragazzino all’epoca 12enne, Santino, ex mafioso e divenuto poi collaboratore di giustizia, a restare in silenzio sugli affari e sulle azioni di Cosa Nostra a Palermo. Ieri il Tribunale del capoluogo siciliano ha stabilito un risarcimento per la madre ed il fratello di Giuseppe pari esattamente a 2,2 milioni di euro. Denaro che però, in caso di sentenza definitiva, sarà versato dal fondo speciale dello Stato per le vittime di mafia. A far emergere tutti i dettagli dell’inquietante vicenda, dal rapimento all’uccisione del bambino, poi sciolto nell’acido, fu Gaspare Spatuzza, pentito, poi condannato per il sequestro. L’uomo raccontò agli inquirenti tutti i retroscena di quanto avvenne a partire dal rapimento su inganno, da parte di alcuni uomini mandati da Brusca i quali si finsero dei poliziotti per convincere con l’inganno il bambino a seguirli, facendogli credere che avrebbe incontrato il padre. Santino in quel periodo si trovava lontano dalla Sicilia poiché sotto protezione. Dopo le iniziali ricerche da parte della famiglia, fu un messaggio giunto alcuni giorni dopo il rapimento a far capire cosa stessa accadendo. Con un “Tappaci la bocca” e due foto di Giuseppe con in mano un quotidiano del 29 novembre 1993, la famiglia comprese il senso del messaggio. Far tacere Santino Di Matteo e fermare le sue dichiarazioni sulla strage di Capaci e sull’uccisione dell’esattore Ignazio Salvo. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



IL RUOLO DEI BOSS MAFIOSI

La tragica storia di Giuseppe Di Matteo fa parte del periodo in cui l’influenza dei boss mafiosi era al massimo: oltre a Brusca, anche Bagarella e Messina Denaro (quest’ultimo a tutt’oggi latitante) furono coinvolti nel rapimento e poi nella terribile uccisione del piccolo Giuseppe. Metodi che i boss mafiosi all’inizio degli anni Novanta utilizzavano per intimorire o spesso punire i collaboratori di giustizia, nel periodo a cavallo degli anni dello stragismo, tant’è che Brusca venne individuato come esecutore materiale della strage di Capaci, in cui perse la vita Giuseppe Falcone, la moglie Francesca e i membri della sua scorta. Ma l’uccisione del dodicenne Giuseppe Di Matteo è rimasta nell’immaginario collettivo per la sua brutalità, col corpo del ragazzino che venne sciolto nell’acido dopo il suo strangolamento. (agg. di Fabio Belli)



SOLDI DAL FONDO VITTIME DELLA MAFIA

Arriveranno dal Fondo Speciale dello Stato per le vittime della Mafia i 2,2 milioni di euro stabiliti come risarcimento per la brutale uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo. Dei quali, 400 mila euro sono stati già corrisposti come versamento provvisionale. L’intera somma sarà addebitata ai boss di Brancaccio Giuseppe Graviano, Benedetto Capizzi, Cristoforo Cannella, Francesco Giuliano, Luigi Giacalone e dal pentito Gaspare Spatuzza: sono stati loro infatti ad essere condannati per l’assassinio del piccolo Di Matteo, tenuto prigioniero per 3 anni e poi ucciso e sciolto nell’acido. Uno dei più brutali omicidi della storia della Mafia per il quale sono state ora stabiliti i riasarcimenti per la famiglia. Essendo i condannati non in grado di corrispondere la somma, sarà appunto il Fondo per le Vittime della Mafia a liquidare i Di Matteo. (agg. di Fabio Belli)

UCCISO DOPO TRE ANNI DI PRIGIONIA

A ventidue anni dalla morte di Giuseppe Di Matteo, il tribunale civile di Palermo stabilisce un risarcimento di 2,2 milioni di euro per la famiglia. Il piccolo Di Matteo aveva 12 anni quando fu rapito. Era il pomeriggio del 23 novembre 1993 quando un gruppo di mafiosi che agirono su ordine di Giovanni Brusca, allora latitante e boss di San Giuseppe Jato, lo portarono via. Camuffati da agenti della Dia, lo convinsero a salire in auto raccontandogli che avrebbero dovuto portarlo dal padre. Tutto questo per mandare un segnale al padre Santino, che aveva iniziato a rivelare segreti delle stragi mafiose. Il bambino restò prigioniero per tre anni. Quando l’11 gennaio 1996 Giovanni Brusca apprese dalla tv che era stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Ignazio Salvo, reagì ordinando l’omicidio del ragazzino, tenuto attaccato ad una catena. Lo strangolarono e disciolsero il corpo nell’acido. Come riportato dal Fatto Quotidiano, Gaspare Spatuzza rivelò gli ultimi dettagli del rapimento. Era membro del commando che rapì il ragazzino. Il pentito ha chiesto il perdono alla famiglia, che però non ha accettato la richiesta. (agg. di Silvana Palazzo)

SCIOLTO NELL’ACIDO, RISARCIMENTO DI 2,2 MILIONI A DI MATTEO

Sono passati quasi 25 anni da quel 23 novembre 1993, quando il piccolo Giuseppe Di Matteo fu rapito per intimidire il padre Santino. Per due anni fu tenuto sotto sequestro ed infine sciolto nell’acido. Autori del terribile fatto di cronaca furono i boss della mafia palermitana, gli stessi che ora rischiano di pagare 2,2 milioni di euro alla famiglia della piccola vittima. È questa la richiesta di maxi risarcimento avanzata dal tribunale di Palermo che ha stabilito la somma da versare alla madre del ragazzino ucciso, Francesca Castellese, ed al fratello Nicola. Come spiega Il Fatto Quotidiano, semmai la sentenza dovesse divenire definitiva a pagare saranno cinque mafiosi ed un collaboratore di giustizia. Si tratta nel dettaglio del boss di Brancaccio Giuseppe Graviano, di Benedetto Capizzi, Cristoforo Cannella, Francesco Giuliano e Luigi Giacalone oltre che del pentito Gaspare Spatuzza. In realtà, essendo i loro patrimoni sequestrati, il maxi risarcimento dovrebbe arrivare dallo speciale fondo dello Stato per le vittime di mafia.

L’UCCISIONE DI GIUSEPPE DI MATTEO

In sede penale erano già stati concessi alla famiglia di Giuseppe Di Matteo già 400 mila euro a titolo provvisionale. A questi potrebbero ora aggiungersi circa un milione ed 800 mila euro come riconosciuto dal tribunale civile di Palermo. Secondo quanto riporta il Giornale di Sicilia, scrive il giudice Paolo Criscuoli in merito alla vicenda che scosse l’Italia intera: “Ciò che è stata lesa è la dignità della persona, il diritto del minore ad un ambiente sano, ad una famiglia, ad uno sviluppo armonioso, in linea con le inclinazioni personali, ad un’istruzione. Beni ed interessi di primario rilievo costituzionale che, pertanto, trovano diretta tutela, anche risarcitoria”. Il piccolo Giuseppe fu ucciso l’11 gennaio 1996 dopo che Giovanni Brusca, all’epoca dei fatti latitante e boss di San Giuseppe Jato apprese di essere stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Ignazio Salvo e reagì ordinando l’omicidio del bambino, rapito inizialmente per intimidire Santino, divenuto collaboratore di giustizia. Il piccolo fu prima strangolato da Enzo Chiodo ed Enzo Brusca, fratello di Giovanni, quindi sciolto nell’acido.