Niente velo, niente vita comunitaria, ma consacrazione esattamente come quella delle suore: è il cosiddetto “Ordo Virginum”, traducibile in “ordine della verginità”, donne single che si danno alla vita consacrata ma rimanendo nel mondo, lavorando nel mondo, vivendo da sole. E’ una antica tradizione sin dai primi tempi della Chiesa e secondo gli storici questa forma di vita evangelica è nata spontaneamente dove nascevano le prime comunità cristiane: consacrarsi completamente a Dio. Nel corso dei secoli se ne persero le tracce, nacquero e si svilupparono i monasteri di suore, alcuni di clausura, molti di suore impegnate comunque nel mondo ad esempio scuole e ospedali. Fu Paolo VI nel 1970 a ripristinare l’Ordo Virginum: da allora il numero di donne che vi sono entrate continua ad aumentare, tanto che nel 2016 se ne fece un calcolo, circa 5mila vergini consacrate nel mondo e il numero continua a crescere. Per questo la Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica hanno pubblicato oggi l’istruzione Ecclesiae Sponsae Imago, che riconosce “una vera e propria fioritura dell’ordine” e ne dà le linee fondamentali.
IL RITORNO DELL’ORDO VIRGINUM
Il documento presentato oggi ricorda il fondamento biblico e cristologico della verginità consacrata sottolineandone l’assoluta gratuità e il profilo mariano. Attraverso la consacrazione verginale la donna è costituita “segno escatologico della Chiesa, sposa di Cristo” si legge nel documento a cura di monsignor José Rodriguez Carbballo: “Donne chiamate nella sequela Christi ad abbracciare il suo stile di vita casto, povero e obbediente, le consacrate si dedicano alla preghiera, alla penitenza, alle opere di misericordia e all’apostolato, ciascuna secondo i propri carismi, accogliendo il Vangelo come regola fondamentale per la loro vita, per farsi prossimo”nei confronti delle donne e degli uomini del proprio tempo, soprattutto verso i poveri e bisognosi”. Altro punto importante del documento è il “radicamento diocesano” cioè operare là dove si vive pur senza rinunciare all’apertura universalistica e missionaria della Chiesa. “L’aver riproposto questa forma di vita nella Chiesa sembra un anacronismo, ma è un atto di fiducia nell’azione dello Spirito, che sta conducendo molte donne ad accogliere e interpretare tale vocazione alla luce del cammino compiuto dalla Chiesa nei secoli e secondo le esigenze dell’attuale contesto storico: si tratta di una vera via di santificazione, affascinante ed esigente” dice ancora l’arcivescovo.