Laura Taroni, l’infermiera di Lomazzo coinvolta nell’inchiesta “Angeli e Demoni” sulle morti sospette in corsia all’ospedale di Saronno, lo scorso febbraio fu condannata a 30 anni di reclusione. Nelle accuse del gup di Busto Arsizio erano inclusi gli omicidi – in concorso con l’ex amante, all’epoca dei fatti vice primario del pronto soccorso Leonardo Cazzaniga – del marito Massimo Guerra e della madre Maria Rita Clerici. Mentre Cazzaniga resta imputato nel processo per gli 11 decessi in corsia e per la morte del suocero della Taroni, quest’ultima era stata assolta nella medesima occasione proprio dall’accusa di aver ucciso Luciano Guerra, imputazione per la quale la stessa Procura aveva chiesto l’assoluzione. Oggi, a distanza di alcuni mesi dalla condanna in primo grado alla massima pena prevista dal rito abbreviato, l’ex infermiera ricorre in Appello contro la stessa sentenza. A darne notizia è l’agenzia di stampa Ansa rendendo note le parole del legale difensore della donna, avvocato Monica Alberti, che ha precisato al tempo stesso di aver “rinnovato la richiesta di perizia psichiatrica per tutti i reati contestati alla mia assistita, in special modo relativamente alla morte della madre, per cui non è stata fatta”. Sono 80 le pagine che compongono il ricorso e nelle quali, ha spiegato ancora l’avvocato, sono state rinnovate le richieste delle attenuanti generiche. Per l’avvocato Alberti nella sentenza di condanna ci sarebbero diversi punti oscuri che non sarebbero stati del tutto chiariti.
PROCESSO IN CORSO A CARICO DELL’EX AMANTE LEONARDO CAZZANIGA
Nei giorni scorsi si è svolta la nuova udienza del processo a carico dell’ex vice primario del Pronto Soccorso dell’ospedale di Saronno ed ex amante di Laura Taroni, Leonardo Cazzaniga. L’uomo deve rispondere delle undici morte avvenute in corsia e del decesso di tre familiari della Taroni. Nell’ambito del nuovo appuntamento con la giustizia, spiega Corriere di Como, sono intervenuti davanti ai giudici in qualità di testimoni altri due infermieri del Pronto soccorso, un uomo e una donna, ex colleghi della donna che oggi ha presentato ricorso contro la condanna a 30 anni in primo grado. L’uomo ha leggermente ridimensionato le accuse formulate in fase istruttoria durante la quale aveva parlato del “protocollo letale” usato dal medico sui suoi pazienti. La seconda invece ha spiegato meglio quali fossero i rapporti interpersonali con Cazzaniga non proprio floridi: “Mi chiamava trans, anche davanti ai colleghi o ai pazienti”. Davanti alla corte la stessa infermiera ha ammesso di aver sentito parlare del cocktail di farmaci che avrebbe usato Cazzaniga ma ha aggiunto “non ricordo da chi”, spiegando anche di aver “pensato che fossero voci”.