I quattro medici dell’ospedale di Prato finiti ai domiciliari dopo essere stati arrestati con le accuse a vario titolo di peculato e truffa aggravata ai danni dello Stato sono tutti ginecologi. Come riportato da Il Tirreno, si tratta di Elena Busi, Simone Olivieri, Ciro Comparetto e Massimo Martorelli. Ad alimentare il loro giro di visite in nero, procacciandogli pazienti che si recavano nella struttura ospedaliera saltando di fatto la lista d’attesa, erano tre mediatori cinesi: Wu Lihua, Li Jie e Zhou Qiongying, cui le donne pagavano l’intera parcella, della quale una parte finiva nelle tasche dei medici. Tra i 18 indagati nell’inchiesta condotta dai sostituti procuratori Lorenzo Gestri e Lorenzo Boscagli figurano altri quattro medici, di cui tre ginecologi e un’ostetrica. Le loro posizioni, però, rispetto a quelle dei colleghi sarebbero meno gravi poiché coinvolti in un numero minore di casi, ancora da ricostruire. (agg. di Dario D’Angelo)
LE ACCUSE DI PECULATO E TRUFFA AI DANNI DELLO STATO
Quattro medici dell’ospedale di Prato sono stati arrestati dai carabinieri, insieme a tre cittadini cinesi, per i reati di peculato e truffa ai danni dello Stato. I medici sono accusati di aver effettuato visite in nero a cittadini cinesi usando le strutture dell’ospedale, con la mediazione di alcuni orientali. Le ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari sono state emesse dal gip di Prato, su richiesta della procura. Per altre quattro persone è stata invece decisa la misura dell’obbligo di firma. Sono invece 18 al momento gli indagati. Come riportato da Repubblica, i quattro medici in questione – tre uomini e una donna – che sono finiti in manette lavoravano presso il reparto di Ginecologia dell’ospedale. L’indagine è stata svolta dai carabinieri del nucleo investigativo, coordinata dai sostituti procuratori Lorenzo Gestri e Lorenzo Boscagli. «L’Asl – come ha spiegato la procura – ha collaborato coi carabinieri, che hanno filmato i passaggi di denaro in contanti».
PRATO, ARRESTATI 4 MEDICI: VISITE A NERO IN OSPEDALE
L’inchiesta è partita nell’autunno dell’anno scorso, quando una giovane cinese si era sentita male dopo aver ingerito pillole abortive. La ragazza aveva raccontato di essersi rivolta a una mediatrice che l’aveva accompagnata da un medico italiano, il quale a sua volta le avrebbe dato le pillole. Una perizia, come riportato da Repubblica, ha accertato che quelle pillole potevano provenire solo dal circuito ospedaliero, poi le intercettazioni telefoniche disposte hanno permesso di risalire ai medici implicati. Dall’inchiesta è emerso che le pazienti cinesi venivano inviate ai medici da tre mediatori – due donne e un uomo – e pagavano una parcella che va dai 100 ai 150 ai mediatori che poi ne giravano una parte ai medici. In questo modo saltavano la trafila della prenotazione al Cup. Alle pazienti non viene contestato nulla, nella convinzione che non sapessero come funziona il sistema della prenotazione del sistema sanitario regionale toscano.