Sono state rese note le motivazioni della Corte d’Assise d’Appello riguardo la sentenza di assoluzione di due carabinieri e sei poliziotti per la morte di Giuseppe Uva. I giudici di Milano hanno spiegato che «non si può individuare con assoluta certezza» cosa abbia scatenato lo stress che, unito ad altre concause, avrebbe causato la morte del 43enne, già affetto da una grave patologia cardiaca di cui né lo stesso operaio né gli imputati erano a conoscenza. Per questo motivo i giudici della prima sezione ritengono che non possa essere sostenuta la sussistenza del «nesso causale» tra le condotte degli imputati e la morte dell’operaio. I giudici, che così hanno confermato le assoluzioni decise in primo grado dal Tribunale di Varese, hanno aggiunto che «non si può sostenere che se i carabinieri avessero lasciato perdere Giuseppe Uva quella sera e fatto finta di non accorgersi della strada bloccata, questi non sarebbe ugualmente morto».
CASO UVA, LE MOTIVAZIONI SENTENZA DI ASSOLUZIONE
Giuseppe Uva la sera in cui è morto si era «volontariamente posto in una condizione di elevato rischio, assumendo smodate quantità di alcol». Inoltre, «se si parla di stress, occorre tenere conto di altri fattori quali la contenzione sanitaria, il Tso, il ricovero ospedaliero». Lo scrive la Corte d’Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza di assoluzione degli otto imputati. Giuseppe Uva fu fermano nel giugno 2008 da due carabinieri mentre spostava delle transenne dal centro di Varese. Fu portato in caserma e poi trasportato con un trattamento sanitario obbligatorio (Tso) all’ospedale di Circolo di Varese, dove morì la mattina successiva per arresto cardiaco. Finirono sotto accusa i carabinieri Paolo Righetto e Stefano Dal Bosco e i poliziotti Pierfrancesco Colucci, Francesco Focarelli Barone, Bruno Belisario, Gioacchino Rubino, Vito Capuano e Luigi Empirio. Tutti scagionati con la sentenza di assoluzione.