Giuseppe Acanto viene considerato un personaggio chiave nel mondo mafioso della Palermo anni Novanta dagli inquirenti. I 400 milioni di euro di beni confiscati sono sicuramente il segnale di una serie di affari e di patrimoni gestiti che sono cresciuti esponenzialmente, e parallelamente a guai giudiziari che si erano palesati parallelamente alla carriera di Acanto negli ultimi anni. Tanto che anche il patrimonio della famiglia di Bernardo Provenzano dovrebbe essere passato sotto il controllo di Acanto, diventato poi l’uomo di fiducia per la gestione del denaro del clan Villabate. Un’operazione giudiziaria molto complessa, visto che secondo gli investigatori proprio le sue influenti amicizie criminali avrebbero garanti ad Acanto protezione da precedenti indagini. (agg. di Fabio Belli)



AFFARI ILLECITI NEGLI ANNI 90

Sono state ritenute decisive le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Campanella che hanno portato a fare luce sull’ex deputato regionale siciliano, nonché commercialista, Giuseppe Acanto, nei confronti del quale sono stati confiscati beni per un valore di 400 milioni di euro. Già in passato, come emerso dalle indagini, il 58enne aveva gestito la contabilità di società riconducibili a importanti famiglie mafiose di Villabate e non a caso era ritenuto il “contabile” del clan. L’attività della Dia ha appurato un coinvolgimento di Acanto in affari illeciti sin dagli anni ’90, quando si avvicinò a ex deputato regionale siciliano, commercialista, Giuseppe Acanto (tra cui mafiosi) sparì, salvo poi essere ritrovato cadavere nel 1996, carbonizzato nella sua auto. Un incendio coinvolse anche Acanto nel suo studio professionale, in seguito al quale si rese irreperibile. Come rammenta Il Fogliettone però, l’uomo fu “assolto” grazie alla mediazione di elementi di spicco del clan Villabate e riprese la sua attività di commercialista dedicandosi interamente alla costituzione di società in nome e per conto di uomini d’onore. Considerato “socialmente pericoloso”, oggi è sottoposto a sorveglianza speciale di pubblica sicurezza fino al 2022. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



È SOTTO REGIME DI SORVEGLIANZA SPECIALE

Non solo è stato ritenuto dai giudici del Tribunale di Palermo come “socialmente pericoloso” ma è stato pure sottoposto al regime di sorveglianza speciale per i prossimi quattro anni, a partire da questo, Giuseppe Acanto, ex deputato regionale in Sicilia a cui oggi la DIA di Palermo ha sequestrato immobili e beni per un valore complessivo di oltre 400 milioni di euro. Candidato nel lontano 2001 alle elezioni regionali nella lista Biancofiore, Acanto era già noto alle cronache dato che a metà degli Anni Novanta era diventato socio in affari illeciti con quello che era conosciuto come “Il mago dei soldi”, ovvero Giovanni Sucato, di cui si ricorda la tragica fine nel 1996, morto carbonizzato, probabilmente su ritorsione di Cosa Nostra dopo che quest’ultimo era scomparso portando via anche del denaro ad alcune famiglie mafiose che erano state truffate. (agg. di R. G. Flore)



“SOCIALMENTE PERICOLOSO”

Un’operazione da 400 milioni di euro: a tanto ammonta la confisca di beni eseguita in mattinata dalla Dia di Palermo nei confronti di Giuseppe Acanto, ex deputato regionale ritenuto vicino ai vertici di “cosa nostra” di Villabate. Come riportato da filodirettomonreale.it, Acanto è stato ritenuto dal Tribunale di Palermo “socialmente pericoloso” e per questo motivo sarà sottoposto a sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per 4 anni. Come riportato da La Repubblica, Giuseppe Acanto è stato candidato alle elezioni amministrative del 2001 con la lista Biancofiore. Grazie al sostegno della cosca locale risultò il primo dei non eletti, riuscendo poi in ogni caso ad accedere ad un seggio all’Assemblea Regionale Siciliana. Il provvedimento eseguito dalla Dia di Palermo scaturisce dai risultati di una attività investigativa molto complessa che, già in passato, ha consentito di accertare il ruolo di Acanto come “gestore della contabilità di società riconducibili alla famiglia mafiosa di Villabate”. (agg. di Dario D’Angelo)

SEQUESTRATO UN IMPERO

400 milioni di euro di beni sono stati sequestrati all’ex deputato della regione Sicilia, Giuseppe Acanto. Una vicenda decisamente particolare quella del “commercialista della mafia”, già alla ribalta delle cronache negli anni ’90 per i suoi legami con Giuseppe Sucato, colui che ebbe il coraggio di truffare Cosa Nostra, promettendo loro guadagni semplici dietro finti investimenti. Questi venne trovato cadavere nel 1996 e in quegli anni sparì anche Acanto per il timore di ritorsioni. Quest’ultimo spostò i soldi di Sucato al nord Italia “ripulendoli”, per poi affiliarsi alla mafia dopo essere stato scoperto e graziato da alcuni bossi di Villabate, forse fiutando le capacità dello stesso Acanto nella gestione del denaro. In seguito l’ex deputato divenne direttore del mercato ortofrutticolo del Comune di Villabate, e nel 2004 entrò nel Parlamento della regione. Le forze dell’ordine gli hanno confiscato 25 società, negozi di abbigliamento, una casa di assistenza per anziani e 12 immobili fra cui uno a Madonna di Campiglio. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)

ARRESTATO GIA’ NEL 2015…

Ha fatto brevemente il giro del web la notizia riguardante il maxi sequestro di 400 milioni di euro fra beni immobili e non, a Giuseppe Acanto, ex deputato della Regione Sicilia, molto vicino alla cosca di Cosa Nostra di Villabate (Palermo). Il personaggio in questione non è certamente nuovo alle forze dell’ordine visto che già 3 anni fa si rese protagonista in negativo di qualcosa di molto simile a quanto accaduto oggi: le forze dell’ordine gli sequestrarono infatti beni per 800 milioni di euro fra imprese edili, petrolifere, aziende di commercio alimentari e altro, considerati molto vicini al clan Mandalà, e soprattutto incompatibili con i redditi ufficiali dello stesso Acanto. Nel 2015 è stato portato presso il carcere di Rebibbia in Roma, e condannato a sette anni di detenzione. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)

LA TESTIMONIANZA DI CAMPANELLA

La Direzione investigativa antimafia di Palermo ha dato esecuzione ad un decreto di confisca di beni, emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, nei confronti dell’ex deputato Giuseppe Acanto, ritenuto vicino alla famiglia mafiosa Villabate. Indispensabile per la ricostruzione dei rapporti tra Acanto e il clan sono state le informazioni fornite dal collaboratore di giustizia Francesco Campanella, braccio destro di Nino Mandalà, boss di Villabate. Fu proprio Mandalà, fra gli anni 2002 e 2004, ad avere l’incarico di gestire il periodo di latitanza di Bernardo Provenzano di cui all’epoca ne curò gli aspetti logistici e amministrativi legati al ricovero in una casa di cura a Marsiglia. Anche Acanto, dopo aver subito l’incendio che distrusse il suo studio professionale, si rese irreperibile fino a quando nel 1994, grazie alla mediazione di elementi di spicco della famiglia di Villabate, riprese l’attività di commercialista, dedicandosi alla costituzione di società fittizie di cui ora sono stati confiscati i beni. [Agg. di Dorigo Annalisa]

LA CONFISCA DI 400 MILIONI

Una confisca di beni ingente quella portata a termine nella scorse ore dalla Dia di Palermo. Come riportato dai colleghi del TgCom24, la polizia ha posto sotto sequestro ben 400 milioni di euro fra immobili e “mobili”, all’ex deputato regionale Giuseppe Acanto. Il 58enne è ritenuto dagli investigatori persona molto vicina ai vertici di Costa nostra, la mafia siciliana, in particolare, quella dislocata a Villabate, paese in provincia di Palermo. La confisca, come riferito dagli inquirenti, riguarda anche rapporti bancari, capitale sociale e relativi compendi aziendali e quote societarie. Il tribunale di Palermo ha inoltre ritenuto Acanto socialmente pericoloso, e per questo dovrà essere sottoposto a sorveglianza speciale per i prossimi quattro anni.

IN MALAFFARI DAGLI ANNI ‘90

Acanto era in affari ad inizio anni ‘90 con Giovanni Sucato, detto anche il “mago dei soldi”, colui che era stato capace di truffare migliaia di persone fra cui anche alcuni esponenti di Cosa nostra, poi morto nel 1996, trovato carbonizzato nella propria auto. A partire da quegli stessi anni, Acanto si dedicò alla costituzione di società in nome e per conto degli uomini d’onore di Villabate, grazie anche all’aiuto di interlocutori privilegiati all’interno dell’amministrazione del comune nel palermitano, poi sciolto per infiltrazioni mafiose. Nel 2001 si candidò alle amministrative riuscendo ad ottenere un seggio presso l’assemblea regionale siciliana, grazie al sostegno della cosca locale.