La banda Rulli Frulli ha dato il ritmo al battito accelerato di 70mila giovani cuori. Neanche il tempo di far decantare le emozioni e asciugare il sudore, dopo un pomeriggio incandescente, e al Circo Massimo ieri sera si è tornati a ballare, cantare e gridare per lo spettacolo “vado al Massimo”, scontata citazione per uno spettacolo non certo inedito, ma necessario. La poesia graffiante e raffinata di Mirkoeilcane, le note orecchiabili di Alex Britti, il rap doloroso e macerato di Clementino ed altri per ricordare ai giovani arrivati da tutta Italia la normalità dei vent’anni e i desideri minimi dell’adolescenza. Ballare, cantare, divertirsi e magari baciarsi. Ragazzi appunto. Non extraterrestri.
Eppure, come ha ricordato ieri un vescovo che ha passato con loro in pantaloncini e maglietta segnata da chiazze bianche giornate di cammino e fatica per i sentieri del Bel Paese, questi ragazzi sono toccati da qualcosa di straordinario. Perché altrimenti essere qui, proprio qui, come indicava la croce rossa sul logo della manifestazione, nel calderone bollente in cui si era trasformata la conca del Circo Massimo, per ascoltare un vecchio sognatore di 81 anni invece che spiaccicarsi al sole delle Baleari, storditi da alcol e sesso, come gran parte dei loro coetanei? La cosa che impressionava, del gruppo di giovani arrivati a scuotere una Roma deserta e intontita dall’afa, era la concentrata attenzione riservata a Francesco, l’uomo in bianco capace di suscitare sguardi adoranti di sedicenni in maglietta e hotpants, di smuovere le farfalle nello stomaco a giovani con la barba incolta, avvolgendoli in un abbraccio fatto di fiducia e ottimismo.
Nell’incontro di ieri tra l’ultima generazione italiana e il Papa quello che ha commosso e fatto pensare era proprio il dialogo franco e diretto tra ragazzi bisognosi di ascolto e un anziano pontefice capace di puntare dritto al cuore. Le domande, nel colloquio consumatosi nel palco dove si doveva pregare per il prossimo sinodo dedicato dalla Chiesa ai giovani, erano quelle di sempre. E anche le paure. Come faccio a sognare? Come riuscirò a non farmi strappare la speranza e il futuro? Come provare a vivere un amore infinito, il per sempre che chiede il mio cuore? Perché la morte e il dolore?
E Lui Francesco, paziente e passionale, ha risposto con tutta l’irruenza della sua anima latina. Coraggio e dimenticate la pensione. Staccatevi dal divano e correte insieme ai vostri sogni, quelli veri che prevedono un “noi” e che si abbeverano alla sorgente inesauribile della speranza, quelli gonfiati e dilatati dall’Infinito. I sogni di sempre, i sogni che già agitavano un ragazzo di più di 7 secoli fa. Un tale che si chiamava Francesco, forse il più grande santo italiano. Un pazzo per il suo tempo. Un giovane coraggioso e visionario che ha vinto il tempo con il suo sogno di pace.
Ma non basta. Il Papa ha parlato di amore, di quello che si costruisce in due. E il coraggio lo ha mostrato lui, affrontando le sabbie mobili dell’affettività 3.0, che si consuma sui social a ritmo di giga, truccata da entusiasmi che si esauriscono in un tweet. Eppure Francesco ha saputo scardinare certezze, smuovere dubbi, raccontare di amore che esige totalità, e non tollera mezze misure. Un amore sincero, aperto, coraggioso, che come si dice in Argentina, mette tutta la “carne sulla griglia”.
E poi alla Chiesa italiana che ha convocato “la meglio gioventù” Francesco ha dato indicazioni preziose. Non prendiamoci in giro. I giovani sono capaci di giudizi severi, persino feroci. Mal sopportano il clericalismo che fa ripiegare chiese e ministranti sui propri rituali, sono insofferenti alle imposizioni dall’alto, si scandalizzano per i fasti e le cadute, i peccati e le mancate testimonianze. E anche su questo Francesco è stato implacabile. Essere cristiano non è uno status qualificato. Non serve a nessuno una Chiesa chiusa in sé stessa, formale e rigorista. Una Chiesa tentata dalla perversione del clericalismo. Occorre uscire per dare testimonianza. Altrimenti tutto diventa solo ed unicamente fumo.
Chi oggi è più capace di seguire un Papa così determinato ed esigente? Forse proprio quei ragazzi che hanno risposto ad un chiamata nel mezzo di un agosto bollente, che hanno camminato chilometri per raggiungere Roma, sfilando davanti a bagni chimici sotto il sole a picco, per conquistare un rettangolo di erba rossa e assetata e poterlo vedere da lontano. L’uomo capace di dare peso ai loro sogni e risposte al cuore.