Elena Bertocchi e Chiara Pellacani hanno vinto l’oro agli Europei di nuoto in corso a Glasgow nei tuffi sincronizzati dal trampolino dei tre metri. La coppia azzurra ha preceduto nell’oro, con 229,26 punti, Germania e Russia, anche perché nel punteggio è stato decisivo che le due atlete fossero giovanissime.



Questa vittoria ci parla di un’Italia vincente nonostante il nostro paese sia piccolo rispetto alle gigantesche federazioni di Germania e Russia. Ci parla di sogni di giovani che diventano realtà perché frutto di impegno e sacrifici, per anni. Ci parla di famiglie che fanno proprie le rinunce dei figli. Chi si mette sulla strada dell’agonismo si trova ad affrontare una strada quasi claustrale di allenamenti e palestre fin dalla più tenera età: si parla di 8-11 anni. Agonismo per questa età significa famiglie che si spostano, che si adeguano, che cambiano lavoro, che accettano le distanze, le separazioni, i pianti. Con il rischio di veder crescere i figli e di scoprire, ormai grandi, che a certi traguardi non arriveranno mai.



Oltretutto, poiché non stiamo parlando di calcio e di Ronaldo, ma di sport che hanno visibilità solo in occasione dei grandi eventi, significa anche che le famiglie devono aiutare le figlie ad abituarsi allo scarso rilievo che avranno anche in caso di vittoria. Per strada tutti ti fermano se sei Messi: chi fermerà tra 15 giorni Elena e Chiara? In questi sport, al di fuori dell’ambiente, anche se vinci, anche se sei in cima, anche se porti in alto il nome della tua Nazione, poche volte avrai i titoli sui giornali, poche volte ti faranno le interviste. Significa imparare a coltivare una passione che è qualcosa d’importante per te e basta, nonostante ti assorba in modo totalizzante: al punto di quasi non pensare ad altro.



Per me sacerdote è bellissimo che questo oro sia arrivato in uno sport a due: mi fa pensare a Gesù che manda i discepoli a due a due. Mi ricorda che la vittoria, le vittorie, non sono mai operazioni in solitaria e che sono frutto di armonia di tanti elementi: mentali, fisici, momento giusto, posto giusto, allenatore, atleta e, perché no, anche un po’ di buona sorte.

L’Italia vince: è un segno di riscatto per una nazione che all’estero vedono sempre come la cenerentola d’Europa. Per noi è uno sprone a mettercela tutta, sempre, visto che se ce la mettiamo tutta possiamo essere giganti come Russia e Germania.

Se ce la mettiamo tutta, noi italiani, abbiamo una mente e un cuore unici al mondo. Quelli per cui, quando il pubblico li vede, anche se tifa un’altra squadra, comincia a tenere anche per te perché a quel pubblico parla la tua voglia di farcela sempre e comunque. Ci vuole coraggio, quello che in questo sport viene reso evidente dall’altezza del salto, dalle evoluzioni, dall’entrata nel mistero dell’acqua. Coraggio preparato però dai sacrifici della preparazione tecnica e fisica e dalla memoria di grandi modelli come la Cagnotto e la Dallapè: le due nuotatrici che sicuramente hanno dato più in questa disciplina all’Italia.

Tanto per ribadire che le cose belle sono sempre costituite dagli ingredienti della memoria e della speranza, del dare tutto per farne, poi, frutto.