Era il 1979 e già l’ingegnere Riccardo Morandi, colui che ideò il ponte di Genova a lui omonimo, scriveva un articolo scientifico con alcuni problemi da risolvere riguardo quel collegamento. Morandi, nel suo testo, parlava dei problemi che il ponte avrebbe potuto avere in seguito agli agenti atmosferici e chimici che avrebbero potuto creare un effetto degradante sul calcestruzzo. “L’aggressività atmosferica è ciò che rappresenta una condizione ambientale sicuramente negativa per questa struttura”, scriveva l’ingegnere. “Penso che in pochi anni si dovranno effettuare interventi di rimozione delle tracce di ruggine sui rinforzi per procedere a iniezioni di resine epossidiche dove necessario e coprire tutto con elastomeri ad alta resistenza chimica”. (Agg. Camilla Catalano)
UN ALLIEVO: “PROGETTO BASATO SU CONOSCENZE DELL’EPOCA”
Ad intervenire oggi a La vita in diretta per parlare di colui che progettò il ponte crollato a Genova lo scorso 14 agosto, è stato uno dei suoi allievi, tra coloro che continuano con forza a sostenerlo e difenderlo dalle accuse. L’ingegnere Mario paolo Petrangeli è intervenuto oggi al programma di RaiUno per spiegare cosa non sarebbe andato nel progetto del suo maestro, l’ingegnere Riccardo Morandi: “Il progetto fu fatto in base alle conoscenze che c’erano all’epoca. Io sento come allievo di Morandi e come ingegnere civile parlare di errori progettuali. Si dà un giudizio su un progetto degli anni ’60 alla luce delle competenze e delle conoscenze odierne”. A questo punto l’ingegnere ed allievo dell’ideatore del ponte Morandi crollato ha fatto un paragone azzardato con quanto accaduto con le Torri Gemelle. “Il paragone serviva solo a sottolineare che non possiamo usare concetti che abbiamo acquisito ora per giustificare qualcosa fatta nel passato”, ha spiegato l’ingegnere e allievo di Morandi. A sua detta, all’epoca della costruzione del ponte di Genova crollato, mancava il concetto di durabilità, arrivato negli ’80 ma solo di resistenza. “Sapevamo che siccome non era stato messo in conto la durabilità, doveva essere fatto un monitoraggio continuo”, dice però Petrangeli. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
LE PAROLE DEL FIGLIO MAURIZIO DOPO LA TRAGEDIA
Il figlio di Riccardo Morandi è stato intervistato da Repubblica. Dopo la terribile tragedia del Ponte Morandi crollato a Genova, il progettista ha dovuto fare i conti con questo violento spaccato di cronaca, nonostante non sia più in vita. “Il ponte sul viadotto dell’A10 ha subito diversi interventi di adeguamento nel corso dei decenni, che non hanno più riguardato l’attività di mio padre”, queste le parole del figlio Maurizio, in difesa del progetto dell’ingegnere. Costruito negli anni ’60, ha avuto una serie di riorganizzazioni e di manutenzioni negli anni successivi, anche dopo la morte di suo padre avvenuta nel 1989. “La manutenzione non ha mai riguardato lo studio Morandi, il ponte era poi monitorato per flussi di traffico che oggi sono cambiati”, ha precisato ancora il figlio di Morandi raggiunto da Repubblica. Poi la conclusione. Alla domanda: “Ha paura che questo disastro possa gettare una cattiva luce sul nome e sulla fama di suo padre?”, ecco la sua risposta: “Spero proprio di no, quello è stato un ponte molto importante per l’ingegneria. Era un ponte all’avanguardia. Oggi la nostra famiglia è estremamente colpita, prima di tutto come cittadini. Ci stringiamo al dolore delle vittime”. (Aggiornamento di Valentina Gambino)
SOSTENITORE DEL CEMENTO
Dal progetto dell’ingegnere Riccardo Morandi, nel 1963 iniziò la costruzione del ponte crollato ieri a Genova e intitolato proprio al suo ideatore. L’opera fu terminata solo nel 1967 dalla Società Italiana per Condotte d’Acqua ed inaugurato il 4 settembre di quell’anno. Eppure Morandi, di quella sua creatura, ne fu letteralmente ossessionato soprattutto durante gli anni della sua vecchiaia. A riferirlo al quotidiano Il Tempo è stato il professor Remo Calzona, ingegnere allievo del professor Morandi. “Morandi mi chiese di seguirlo a Genova per analizzare insieme i difetti che secondo lui il ponte aveva. Difetti che già allora erano abbastanza manifesti”, ha dichiarato. Il suo stesso creatore, dunque, 40 anni fa già aveva intuito i possibili difetti della sua creatura. Morandi, ancor prima della tragedia di Genova, era definito un vero e proprio visionario con la passione per i materiali moderni e proiettati nel futuro ma che però non aveva forse tenuto conto fino in fondo dei grandi limiti che gli stessi contenevano. Lui fu certamente uno dei maggiori sostenitori del cemento armato e “mostro sacro” dell’ingegneria di quegli anni in Italia poiché il maggior conoscitore di questo nuovo materiale che tutto rendeva possibile architettonicamente parlando, ad un costo più basso. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
PROGETTÒ IL PONTE CROLLATO A GENOVA
Il nome Morandi, in queste ore tragiche è inevitabilmente legato al nome del creatore del ponte crollato a Genova, Riccardo Morandi. Celebre ingegnere italiano, classe 1902 e scomparso nel 1989, nel corso della sua vita professionale progettò e realizzò numerosi ponti tra cui il viadotto Polcevera dell’Autostrada A10 Genova-Ventimiglia parzialmente crollato ieri, 14 agosto. Un ponte che in tanti definivano critico proprio per via di quelle scelte ingegneristiche prese durante la sua costruzione. Morandi conseguì la laurea in Ingegneria nel 1927, in seguito alla quale aprì poi uno studio professionale dando il via alla sua professione di ingegnere. All’epoca si concentrò inizialmente su progetti poco impegnativi come abitazioni e qualche cinematografo ma dopo i numerosi studi sulle strutture di calcestruzzo armato precompresso ottenne nel 1948 il primo brevetto sul sistema di precompressione che prende il suo nome realizzando così varie opere in calcestruzzo armato precompresso, tra cui diversi ponti. Attraverso il suo sistema nel 1953 diresse i lavori per il rafforzamento di un’ala dell’Arena di Verona. Tra gli altri suoi importanti progetti anche il Ponte Vespucci a Firenze ed il ponte intitolato a Giuseppe Capograssi a Sulmona. Prima della sua morte ricevette la doppia laurea honoris causa da parte della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Monaco di Baviera e da quella di Architettura dell’Università di Reggio Calabria.
LE GRAVI LEGGEREZZE DELL’INGEGNERE MORANDI
Tra i principali studi dell’ingegnere Riccardo Morandi, ricordiamo quello sul cemento armato, sulla sua forza e sul rapporto tra possibilità ed economicità. Eppure, nei suoi progetti ci fu un grande limite, quello di non aver mai messo in discussione il naturale degrado del calcestruzzo, reo di aver portato, 50 anni dopo, al crollo del ponte Morandi di Genova. Sono stati numerosi i problemi tecnici accumulati nel corso degli anni da questa struttura tanto da farne ipotizzare in tempi recenti una demolizione controllata. Quando il ponte fu realizzato, negli anni ’60, il tema del degrado del calcestruzzo non era ancora molto conosciuto. Una leggerezza imperdonabile, quella dello stesso ingegnere, che oggi è costata la vita a molte persone. Un ponte simile a quello crollato a Genova fu realizzato da Morandi nel 1957 dopo aver vinto un concorso bandito dal governo del Venezuela. Il ponte General Rafael Urdaneta vide la luce sulla baia di Maracaibo nel 1962, lungo oltre 8,7 km. Anche in quel caso, come spiega Antonio Brencich, docente di Costruzioni in cemento armato presso la facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova, Morandi sbagliò poiché, come riporta Corriere.it, “non mise in conto che una nave potesse sbagliare la campata. I ponti hanno di solito una campata molto alta per fare passare le imbarcazioni e altre più basse. Appena due anni dopo una petroliera Esso si incastrò sotto la campata più bassa”, provocando cinque morti.