E’ una ferita drammatica, lacerante, angosciante quella di Genova. E’ per questa ragione che, lasciando pure da parte l’angolo delle polemiche, di fronte a un fatto tanto devastante, non è possibile dimenticare le sottovalutazioni, le colpe e le responsabilità, i contrasti che accompagnano sempre la costruzione e il risanamento delle infrastrutture italiane.



Maurizio Lupi è stato ministro ai Trasporti e alle infrastrutture. Una vicenda che ha dell’incredibile gli ha fatto scegliere le dimissioni, lasciando così il posto prima a Graziano Delrio e poi a Danilo Toninelli. 

Ma Maurizio Lupi si ricorda bene quello che è avvenuto in questi anni in Italia relativamente alla infrastrutture e soprattutto al dibattito in atto tra  favorevoli e contrari, tra la necessità di innovazione del paese e i ritornelli sui problemi collegati alla corruzione e poi al problema dei costi e dei ricavi, e poi ancora al fatto delle popolazioni locali che si oppongono.



In realtà, su questo dibattito infinito e inconsistente, l’Italia offre a tutto il mondo la sensazione di un paese che spesso cade a pezzi, con la responsabilità oggettiva di chi ha la manutenzione delle infrastrutture e di quelli che dicono comunque sempre di no.

A bruciapelo, si chiede a Maurizio Lupi, che è stato un bravo ministro dei Trasporti e che si occupò del problema genovese fin dal 2013: ma che cosa è successo?

“Difficile dare una risposta precisa. Ma comunque è evidente che quel ponte, quel pezzo di autostrada in mezzo a Genova, quella sorta di tangenziale era un’opera vecchia, di oltre mezzo secolo fa, costruita con materiali che si deteriorano e che ha subìto continuamente interventi necessari per un risanamento che non è riuscito”.



Lupi sottolinea l’impatto della tragedia di Genova, ma fa presente che “tutta la rete autostradale italiana, così come tante infrastrutture hanno bisogno di interventi che sono urgentemente necessari”.  

“La manutenzione — prosegue ancora Lupi — è compito della società Autostrade e quindi esistono responsabilità oggettive che vanno chiarite. Ma una classe dirigente seria non può solamente fermarsi a questo. Deve intervenire. Durante il mio periodo al ministero ho tentato di fare il possibile, con anche interventi di carattere finanziario. Ma il problema non è affatto semplice”.

Quello che comunque sorprende è il lato dei ripensamenti e delle dimenticanze rispetto alle infrastrutture italiane e soprattutto rispetto alla questione di Genova. Lei rispose nel 2013, all’inizio di luglio, a una serie di interrogazioni e specificamente a una sulla situazione genovese. Scusi ministro Lupi, ma vorremmo riprenderla, perché a questo punto, dopo una simile tragedia è un documento che appare fondamentale. Le fu posta un’interrogazione, riportata nel testo stenografico della seduta tra le pagine 40, 41 e 42, dal deputato Stefano Quaranta che spiega: “Il tema è quello del nodo autostradale genovese, della cosiddetta Gronda di Ponente”. Quaranta dice che qualcuno metterebbe in discussione l’utilità dell’opera.

La risposta fu precisa e vale la pena di ripeterla per gli smemorati di turno. Diceva allora, nel luglio 2013, Lupi e lo ripeterebbe oggi se non fosse avvenuta l’orribile tragedia: “Venendo agli ultimissimi avvenimenti che riguardano il progetto della ‘Gronda’ di Genova segnalo che lo scorso 28 giugno si è conclusa la procedura di ‘Via’ (Valutazione impatto ambientale, ndr) e già nelle more del relativo decreto potrà essere convocata la conferenza dei servizi”.

“E’ evidente che già questa iniziale risposta che sto fornendo sottolinea il fatto che il governo, come gli enti locali, sottolineano come assolutamente fondamentale la realizzazione di quest’opera. Quanto all’utilità dell’opera, si evidenzia che sul nodo di Genova — questo è utile metterlo in evidenza anche degli altri colleghi — convergono ben quattro autostrade, la A7, la A10, la A12 e la A26, che, caso ormai unico tra le grandi città italiane, entrano direttamente nell’area metropolitana, senza essere filtrate da un anello o da una tangenziale. Questa situazione si esaspera lungo il tratto cittadino della A10, tra Voltri e Genova Ovest, dove l’urbanizzazione spinta dalla fascia di territorio stretto tra la costa e i rilievi montuosi fa contare oltre 100mila persone nella fascia dei 100 più cento della fascia autostradale, e oltre 250mila in quella del 300 più 300, esposte, secondo i dati del 2009, a 76mila veicoli giornalieri bidirezionali medi annui, cioè a circa 28 milioni di passaggi di autoveicoli all’anno. E’ evidente che questa condizione di traffico non è tollerabile e impone la realizzazione di una maxitangenziale della città detta ‘Gronda’ che agganci tutte le autostrade che orbitano su Genova per canalizzare il flusso di passanti sottraendoli alla rete esistente”.

Un’analisi e una proposta di buon senso che cade non solo nel vuoto ma che viene pure contestata.

C’è ovviamente chi si oppone alla costruzione della Gronda su cui Maurizio Lupi non ha alcun tentennamento.

Scenderanno in strada lo stesso Beppe Grillo, che dirà che bisogna “chiamare l’esercito” per fermare chi vuole costruire la Gronda, senza pensare che avrebbe favorito lo smaltimento di un traffico intollerabile e la soluzione transitoria per i tempi di realizzazione di una nuova opera.

Naturalmente i 5 Stelle si opponevano, seguendo l’orma del “grande capo sciamano”, oggi accusano chi ha governato prima di loro.

Conclude Lupi: “Gli oppositori erano in tanti. Ma una classe dirigente non deve rinfacciare le colpe, dopo aver stabilito le responsabilità, si deve costruire al più presto e trovare soluzioni. Se c’è una classe dirigente”.

(Gianluigi Da Rold)