Parole, discorsi, ricordi e appelli: la Strage di Bologna, ogni 2 agosto, approfondisce e regala numerosi approfondimenti. Ma il messaggio sempre più interessante e vivo è quello del ricordo diretto di chi c’era quel drammatico e terribile giorno d’estate del 1980: «La mattina del 2 agosto ero alla Coop di San Vitale a fare degli acquisti quando sentimmo tutti quel forte boato. Ebbi subito una bruttissima sensazione e solo poco dopo in un altro negozio qualcuno disse che era successo qualcosa in stazione e che quell’esplosione arrivava proprio da lì. Dovevo andare a vedere cosa era successo perchè nonostante quel giorno fosse il primo giorno di chiusura per ferie dell’attività di famiglia, mia mamma poteva comunque essere in negozio per sistemare le cose o semplicemente per prendere le sigarette come spesso faceva»: il racconto è di Roberta Buldrini, figlia di Maria Luisa Bini, ovvero la titolare della tabaccheria che confinava con le pareti alla sala d’attesa dove scoppiò la bomba. Poi l’arrivo, 38anni fa, in stazione e un ricordo fisso: «In stazione trovai la disperazione. Una scena apocalittica con persone che correvano in ogni direzione e più mi avvicinavo al primo binario e più le cose diventavano tragiche, con macerie ovunque e gente che le spostava per liberare i feriti. E anche i morti. Nell’atrio un buco enorme e il mio negozio che non esisteva più». La domanda finale con la quale Roberta chiude il suo ricordo a BolognaToday è di quelle spiazzanti e allo stesso tempo semplicissime: «Oggi e sempre va ricordata questa strage, questa come tutte le stragi. Dopo trentotto anni io non ho ancora capito perchè l’hanno fatto. Qualcuno me lo sa spiegare?».
ARCIVESCOVO ZUPPI, “VANNO DATE RISPOSTE”
«La strage di Bologna è la ferita più profonda nella storia recente della città»: a dirlo al Sir è l’Arcivescovo di Bologna, Monsignor Matteo Zuppi, nel giorno in cui si ricordano i 38 anni dall’esplosione mortale più terribile dal Secondo Dopoguerra. È una ferita che chiede ancora oggi «giustizia e ci aiuta a essere sensibili, attenti e vicini alle vittime delle tante stragi che ancora provocano tanta sofferenza e morte in diverse parti del mondo», spiega ancora Zuppi nell’intervento all’Agenzia Sir, non prima di sottolineare tutti i ritardi e le gravi mancanze che le istituzioni hanno “interpretato” in questi lunghi 38 anni, «I ritardi, le opacità, le incomprensibili lentezze fanno sentire che non c’è stata la giustizia auspicata. Il mio auspicio è che gli impegni dei governi, succeduti nel tempo, possano dare risposte a questa domanda di giustizia». Secondo la Diocesi di Bologna importante è però stata la reazione di profonda solidarietà che «è perdurata anche in questi anni, perché non è soltanto un ricordo del passato ma anche una memoria viva»: al netto di questo, il fatto che non tutti i responsabili siano ancora stati individuati (oltre alle condanne già avvenute nel recente passato) «provoca nei familiari delle vittime un senso di rabbia e disillusione», conclude l’Arcivescovo Zuppi.
BOLOGNESI: “TROPPI SEGRETI, VOGLIAMO LA VERITÀ”
I tre fischi del locomotore hanno dato il via alle 10.25 al minuto di silenzio in onore delle vittime della Strage di Bologna del 2 agosto 1980. Poco prima è partito un coro spontaneo, ripetuto dalle persone presenti nella piazza della stazione: «Ora e sempre resistenza». Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime, ha lanciato un appello alle istituzioni dal palco della stazione di Bologna. «Attendiamo un segnale concreto di cambiamento che, da oggi in poi, dimostri nei fatti che c’è un una classe dirigente che non ha paura della verità su stragi e terrorismo e che rispetti chi sta ancora pagando il prezzo troppo alto di quella grave omissione». Per Bolognesi «una classe dirigente seria ha il dovere di mantenere le promesse fatte e assumersi la responsabilità di fare finalmente chiarezza sui fatti oscuri che hanno insanguinato la storia recente del nostro Paese. Dimostrare nei fatti, di avere paura della verità su stragi e terrorismo è proprio di una classe dirigente non all’altezza di governare il nostro Paese». (agg. di Silvana Palazzo)
I SEGRETI DELLA BOMBA IN STAZIONE COLLEGATA AL CASO MORO
Nell’intervento da Bologna del Presidente della Camera Roberto Fico, un nuovo messaggio molto “duro” viene rimandato contro i passati governi e le tante commissioni coinvolte negli anni dalla Strage in stazione: «Il messaggio è che lo Stato c’è, ci deve essere al 100% e non come spesso è accaduto in questi 30 anni. Io come Presidente ce la metterò tutta e da settembre rimetteremo mano alle oscure vicende ancora legate a tutti i risvolti mai del tutto spiegati dai processi». Intanto, in una intervista esclusiva all’Huffington Post, parla Pier Paolo Bolognesi presidente dell’Associazione vittime della Strage di Bologna: secondo lui non esistono “misteri” sulla tremenda tragedia, ma “solo” segreti, «i misteri hanno a che fare con le religioni, i segreti invece con le protezioni di cui hanno goduto personaggi e strutture».
Tra i segreti rimasti tali vi è quello del Bar Olivetti e del suo titolare che ebbe un ruolo decisivo nel rapimento dello statista Dc Aldo Moro, due anni prima: «ricostruendo la vita del titolare del bar Olivetti – l’insolito caffè posto all’angolo tra via Stresa e via Fani, che secondo i lavori della Commissione (di cui io ho fatto parte) ha avuto un ruolo logistico fondamentale per il rapimento dello statista dc – Tullio Olivetti era con certezza a Bologna il giorno della strage». Secondo Bolognesi, nonostante il calibro del personaggio, «su di lui non è mai stata fatta alcuna indagine. Il bar di via Fani era al centro di un grosso traffico d’armi, di cui veniva rifornita la malavita, la Ndrangheta, Cosa Nostra, gruppi terroristici mediorientali e formazioni armate europee. Ma Olivetti è stato tenuto al riparo da ogni conseguenza giudiziaria. A lui la Commissione Moro è arrivata dopo 40 anni. Per questo parlo di segreti e non di misteri». Potrebbe essere una coincidenza la sua presenza in quel luogo il 2 agosto eppure, ad oggi, nessuno ha mai verificato per davvero quanto emerso recentemente nella commissione legata al caso Moro..
CONTE, “ATTENDIAMO RISPOSTE”. MEROLA, “FASCISMO ESISTE ANCORA”
Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte su Twitter ha espresso la sua vicinanza ai familiari delle vittime della Strage di Bologna: «il mio pensiero va alle 85 vittime della strage di 38 anni fa e ai familiari che attendono ancora risposte. Saremo sempre al loro fianco nella ricerca della verità. Lo dobbiamo a loro e a noi tutti». Come emerge dalle parole di Conte e degli altri membri del Governo, il “leitmotiv” di queste celebrazioni è la sottolineatura, anche forte, della diversità col passato dei Governi che parlavano di riscoprire la verità sulla Strage senza però portare ad alcun risultato. Lega e soprattutto M5s intendono invece rimettere al centro il loro “cambiamento” e dai prossimi mesi nelle varie Commissioni si scoprirà se saranno stati solo altri proclami o se vi siano elementi di verità che vadano oltre le pur buone intenzioni mostrate oggi. Durissimo invece il sindaco di Bologna Virginio Merola (Pd) che nel parlare con i familiari delle vittime ha sottolineato che «esiste la verità storica, sono esistite ed esistono forze nazifasciste, così come esiste l’antifascismo e la sua necessità presente e futura. Come sindaco mi sento un po’ umiliato nel doverlo dire». Secondo Merola infatti il Governo di oggi e i rappresentanti delle istituzioni nazionali devono «dire in faccia ai familiari delle vittime del 2 agosto e ai bolognesi, guardandoli in faccia, senza la scorciatoia dei social network, che non esiste più il problema del fascismo».
STRAGE DI BOLOGNA, 38 ANNI DOPO
Era il 2 agosto di 38 anni fa quando, in una mattina caldissima di mezza estate, una bomba scoppiò all’interno della Stazione ferroviaria di Bologna: fece 85 morti, più di 20 feriti e rappresentò il più grave e terribile attentato terroristico in Italia dal Secondo Dopoguerra. Nello specifico, fu da molti raccontato come uno degli “ultimi atti” della strategia della tensione che accompagnò i difficili anni Sessanta-Settanta e inizio Ottanta. Dalle Brigate Rosse alla pista neofascista, si arrivò solo nel 1995 alla sentenza finale che condannò Valerio Fioravanti e Francesca Mambro (poi con l’aggiunta dell’allora minorenne Luigi Ciavardini, condannato nel 2007) «appartenenti alla banda armata che ha organizzato e realizzato l’attentato di Bologna e per aver fatto parte del gruppo che sicuramente quell’atto aveva organizzato», si lesse nella sentenza. Restano però enormi “coni d’ombra”, dai moventi politici che si aggiungono a quello “ufficiale” della ritorsione neofascista alla “resistenza palestinese” la tesi di Francesco Cossiga mai del tutto smentita neanche oggi, nel 2018. Da quell’orologio fermo alle 10.25 sono passati 38 anni ma di fatti certi, ancora, non si vede l’ombra: «Bologna e l’Italia seppero reagire, mostrando quei principi di solidarietà radicati nella nostra storia. Le inchieste hanno individuato gli esecutori, delineato la matrice neofascista dell’attacco. Ma le sentenze hanno scoperto anche gravissimi depistaggi. Restano ancora zone d’ombra da illuminare», scrive per il messaggio dedicato alla città di Bologna il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
MINISTRO BONAFEDE: “STATO NEGLIGENTE PER 38 ANNI”
Intervenendo nel consueto incontro con i familiari delle vittime della Strage, il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha usato toni molto duri attaccando le principali istituzioni dello Stato in questi lunghi anni di “verità a metà” sul caso della Stazione di Bologna: «Per me è incredibile che, dopo che lo Stato si è dimostrato negligente per 38 anni, i familiari dimostrino ancora una volta una lezione di civiltà che la politica non ha mai dato e dimostrano di credere nello Stato. Mi onora e sento la responsabilità di essere qui parlare con voi». Secondo il Ministro grillino, vi è un obbligo morale prima ancora che politico che deve guidare la ricerca della verità sulla Stage: «giungere ad una verità certa, libera da zone grigie e sospetti. Questo è l’unico vero modo di onorare le vittime e realizzare le legittime e sacrosante richieste dei loro familiari. C’è uno Stato che per 38 anni è rimasto in silenzio, negligente e non ha voluto fare luce su verità inconfessabili su cui bisogna accendere un faro». In conclusione, ai familiari Bonafede ha aggiunto come «Non saranno le parole che pronuncio adesso a rassicurarvi, di parole ne avete ascoltate tante. Voglio e pretendo da me stesso in quanto rappresentante dal governo che siano i fatti a dimostrare l’impegno dello Stato, vicino a voi nella ricerca della verità e nelle richieste portate avanti su cui avremo modo confrontarci assiduamente nelle prossime settimane».