In apertura di Meeting, quando i padiglioni della fiera non sono ancora incandescenti di folla e afa, i battibecchi e le minuzie della politica non ne hanno inquinato il senso, e tutto sa ancora di nuovo e inesplorato, arriva puntuale il messaggio del Papa. In attesa di vederlo, un giorno, in carne ed ossa tra i volontari e le mostre di Rimini, quanto di più bello mostra la kermesse di fine agosto, giungono le parole filtrate dal suo Segretario di Stato sul tema, come sempre enigmatico e suadente, scelto per questa XXXIX edizione. “Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice”.
Si tratta di un’espressione di Don Giussani dal cui carisma nacque la geniale intuizione di un luogo di confronto e di dialogo tra i popoli a pochi metri dalle spiagge infuocate della riviera romagnola. La frase riferita dal cardinale Parolin è messa subito in relazione ad un anniversario passato quasi sottotraccia, in un anno segnato da avanzate populiste e polemiche feroci. Parliamo ovviamente del ’68 e di quello che ha significato per il mondo, l’Europa e l’Italia. “Ma allora, il cristiano che vuole evitare queste due tentazioni [gnosticismo e pelagianesimo, ndr] deve necessariamente rinunciare al desiderio di cambiamento? No, non si tratta di ritirarsi dal mondo per non rischiare di sbagliare e per conservare alla fede una sorta di purezza incontaminata, perché ‘una fede autentica […] implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo’ (ibid., 183), di muovere la storia, come recita il titolo del Meeting. In tanti si domanderanno: è possibile? Il cristiano non può rinunciare a sognare che il mondo cambi in meglio”.
Il cardinale ricorda il tentativo di rottura con il passato, quella rivoluzione dei costumi e della società gasata di sogni e desideri, quell’attesa di un mondo migliore naufragata nelle pieghe della cronaca nera, malata dalla pretesa tutta umana di cambiare la realtà senza fare i conti con l’Eterno. E’ bello che Parolin ricordi le circostanze che portarono Giussani a pronunciare una massima che oggi è titolo di confronto. Era la risposta ad un ragazzo, e il cardinale ricorda che con quelle parole lo sfidava ad alzare “l’asticella con cui misurare il suo tentativo rivoluzionario”. Bisogna immaginarselo quel giovane appassionato, infiammato di idee, pronto a dare la vita e a cambiare il mondo. E quel prete che alza la posta, spalancandogli una prospettiva già allora passibile di dimenticanza e di oscuramento. Che ne è stato di tutto ciò? si chiede il Segretario di Stato. Cosa è rimasto?
Dovremmo chiedercelo tutti. Non solo rispetto alla domanda, e al tentativo che ne venne di immaginare un nuovo assetto sociale e politico, che ieri come oggi agita i cuori. Forse è urgente più che mai chiedersi se la provocazione di Giussani è ancora valida per un popolo che vuole davvero rispondere alle sfide della storia con coerenza e Verità. Il cardinale Parolin parla di muri eretti, di chiusure all’altro e al diverso, di indifferenza, paura e sfiducia: della tentazione dell’uomo di pensarsi come padrone del mondo. E della fuga dei cattolici dal mondo per non rischiare di sbagliare, della seduzione demoniaca di una fede pura e incontaminata. Disincarnata direbbe Giussani. Ecco, è su questo che bisogna lavorare. Cosa rimane dei sogni di un popolo che oggi ha paura di sporcarsi le mani, di confrontarsi con la fine di un impero e un assetto dove gli egoismi erodono il tessuto comunitario e l’individualismo annienta ogni tentativo di compassione? Forse manca quella certezza di cui parla Parolin, “la convinzione profonda che Cristo è l’inizio del mondo” e la sua resurrezione “non è una cosa del passato ma contiene una forza che ha penetrato il mondo”. L’unica in grado di ridestare il cuore dell’uomo e di rispondere al suo desiderio di felicità.
Il popolo del Meeting, che si arrovella, ascolta, lavora e si interroga, può riprendere questa basilare evidenza tante volte ribadita nella sua storia? E’ ancora capace di comprendere le profezie della Arendt, la voce del salmista e le conclusioni del documento di Aparecida, citate nel Messaggio indirizzato da Francesco al Meeting, con il cuore spalancato da una “brama infinita”? Forse chiunque passi dalla Fiera di Rimini nei prossimi giorni dovrebbe fare un salto all’esposizione dedicata al grande santuario brasiliano, dove si fa memoria di una Madre che ha accompagnato tanti rivolgimenti della Storia e rileggere le parole contenute nella Deus Caritas est, ricordate da Parolin: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (Deus caritas est, 1).