Già lo scorso anno uno studio del Politecnico di Milano commissionato proprio da Autostrade per l’Italia aveva evidenziato dettagli inquietanti sul ponte Morandi di Genova crollato lo scorso 14 agosto. Come riportato da Il Corriere della Sera, che ha intervistato il prof. Carmelo Gentile, docente delle Costruzioni, lo studio: “comprendeva indagini dinamiche sui sistemi bilanciati dei piloni 9 e 10 del viadotto Polcevera e la proposta tecnica di un sistema di monitoraggio permanente”. Secondo Gentile, Aspi commissionò lo studio sul Morandi “per avere una validazione diretta delle procedure adottate nelle verifiche di sicurezza ma anche per avere un riferimento ante operam per le indagini dinamiche che avrebbero avuto luogo in base al collaudo dell’intervento di rinforzo strutturale”. Le conclusioni dello studio, però, evidenziarono “soprattutto che due degli stralli del pilone 9, quelli del lato Sud, presentavano ‘deformata modale non del tutto conforme alle attese e certamente meritevole di approfondimenti’. Al contrario, un comportamento piuttosto regolare e conforme alle attese era stato ottenuto dal pilone 10”. (agg. di Dario D’Angelo) FOCUS PONTE GENOVA: CDA AUTOSTRADERICONSEGNA CASE A SFOLLATI



I FUNERALI DELL’ULTIMA VITTIMA

Oggi nel santuario di Coronata a Genova si sono tenuti i funerali di Mirko Vicini: era una delle vittime, l’ultima per la precisione, trovate sotto il ponte Morandi crollato in quel dannato 14 agosto scorso. Aveva 30 anni ed era un operaio dell’Amiu rimasto schiacciato dal pilone del ponte che si è sbriciolato sopra di lui mentre stava lavorando nell’isola ecologica sotto il viadotto. Folla numerosa, comunità stretta attorno a lui e a quella madre che rimase 80 ore all’aperto vicino ai luoghi dei soccorsi fino a che non si è arresa all’evidenza degli ultimi ritrovamenti dei dispersi senza vita. Era presente stamattina Marco Bucci, sindaco di Genova, con anche il sindaco di Monchio delle Corti (Emilia) paese originario di Mirko. Secondo quanto riportato dal Secolo XIX, il parroco del santuario Don Luciano ha ricordato a tutti «quanti cuori si sono aperti e quante maniche si sono rimboccate a Genova dopo la tragedia». 



TOTI, “CHI HA SBAGLIATO PAGHERÀ”

Ad una settimana dal crollo del ponte Morandi, continuano i lavori per liberare il torrente dai detriti, anche se intorno alle 9.30 i vigili del fuoco hanno sospeso momentaneamente le operazioni per permettere al consulente tecnico della Procura di “repertare” alcuni elementi della struttura che potrebbero essere utili alle indagini. Intanto questa mattina del disastro che ha provocato la morte di 43 persone ha parlato su Radio Uno anche il governatore della Liguria: «La magistratura sta indagando, credo che farà un buon lavoro e che avremo i colpevoli. Chi ha sbagliato pagherà, qualcuno ha sbagliato di sicuro». Toti ha affrontato anche una questione particolarmente temuta dai genovesi, cioè quella relativa alla viabilità: «Ci dobbiamo aspettare giorni complicati».  Si sta però lavorando ad un baypass per il traffico del porto per creare un secondo asse est-ovest così da assorbire il traffico pesante. «L’umana sofferenza a Genova è visibile, abbiamo avuto oltre 40 morti e circa 600 sfollati, ma la reazione c’è già stata, le prime case agli sfollati sono già state consegnate a 6 giorni dalla tragedia», ha concluso Toti. (agg. di Silvana Palazzo)



PRIME CASE A SFOLLATI: “ORA SI VIVE”

Proseguiranno anche oggi e nei prossimi giorni la consegna delle prime case alle famiglie di sfollati che dopo la tragedia del ponte Morandi sono rimaste senza strutture, senza mobili, senza ricordi affettivi e con moltissimi punti di domanda sul proprio futuro. La buona reazione del Comune e della Regione, finora, ha limitato i problemi nel senso che ha evitato che se ne creino più di quanto già non sia richiesto a quelle persone che sono rimaste vive sotto il viadotto ma che ora hanno la vita completamente sconvolta da quel crollo. «Con tante disgrazie nella vita, per una volta mi sento un privilegiato perché ho già la mia casa», sono le parole di uno dei primi sfollati che ieri da Bucci e Toti ha ricevuto l’appartamento nuovo. «Ricominciamo a vivere», spiega con qualche lacrima al Secolo XIX un altro sfollato con in mano le nuove chiavi di casa. È provvisoria, chiaro, ma è un punto di ripartenza decisivo per non abbandonarsi al dolore e allo sconvolgimento di quanto successo sul Polcevera. Nel frattempo, sul fronte politico, il premier Conte in una intervista al Corriere della Sera questa mattina torna ad attaccare Autostrade per l’Italia, confermando la revoca e preparando una “contromossa”: «La contromossa non la anticipo sui giornali, ma questo governo farà in modo che il concessionario non possa trarre ulteriori vantaggi economici, rispetto a quelli già esorbitanti sin qui ricavati dalla convenzione. Faccio notare che il concessionario non ha neppure sostenuto l’investimento iniziale per costruire le autostrade, gliele ha date lo Stato». 

VERSO ABBATTIMENTO STRUTTURA

I nuovi scricchiolii al Ponte Morandi e il distacco di alcuni detriti, verificatisi nelle ultime ore, hanno portato le autorità cittadine genovesi ad ampliare la cosiddetta “zona rossa” di via Porro e via Fillak, estendendo dunque i divieti di accesso e, come già comunicato nel corso della mattinata, i Vigili del Fuoco hanno stoppato per ora le operazioni di recupero, da parte dei residenti, dei loro beni all’interno delle abitazioni considerate a rischio. In particolar modo a destare preoccupazione è soprattutto il moncone est del ponte e, dal momento che le segnalazioni si moltiplicano, secondo alcune fonti si va verso un possibile abbattimento della stessa struttura, ipotesi che negli ultimi giorni ancora non era stata presa in considerazione. Non è inoltre da escludere che, nel caso in cui la situazione dovesse aggravarsi, la Procura di Genova possa autorizzare tempestivamente l’abbattimento del moncone incriminato. Anche in virtù di questo, è stato pure rinviato il rientro a lavoro dei dipendenti che lavorano nella palazzina adibita a sede per gli uffici di Ansaldo Energia. (agg. di R. G. Flore)

CAUSE CROLLO, “AUMENTO PESO CARROPONTE”

Se le autorità di Protezione Civile e Vigili del Fuoco dovessero chiedere una demolizione del ponte Morandi per motivi di instabilità, gli inquirenti sono pronti al via libera: questo emerge dalle ultime fonti della Procura di Genova, confermato anche in questi minuti dalla conferenza stampa del procuratore Francesco Cozzi. «Se necessario autorizzeremmo l’abbattimento del ponte di Genova», ha spiegato il titolare delle indagini che ha invitato anche gli organi di informazioni ad evitare qualsivoglia “notizia enfatica o suggestiva”. Dopo l’allarme scricchiolio di questa mattina, la decisione è dunque stata presa dalla Procura di Genova: se le verifiche in atto sui lati di Via Fillak e Via Porro dovessero dare esito “negativo” in merito alla sicurezza, allora in poco tempo quel che resta del Morandi sarà buttato giù, e con esso probabilmente anche tutte le case presenti in quel tratto (anche se ciò dovrà essere confermato dalla Procura, al momento delle case non si è parlato). Intanto, secondo fonti investigative riportate dall’Ansa, «il carro ponte attaccato all’impalcata di Ponte Morandi ha certamente aumentato il peso e potrebbe aver contribuito al cedimento di parte del viadotto», il che avrebbe potuto comportare il crollo del viadotto, almeno come una delle “concause” all’origine dello sbriciolamento.

FERRAZZA REPLICA AL VERBALE CHOC

Mentre proseguono i rilievi nella zona rossa per verifica l’effettivo stato dei possibili futuri crolli sul Morandi, prosegue la polemica fortissima – che entrerà di certo nell’inchiesta ufficiale in merito alle cause del crollo – dopo il verbale pubblicato dall’Espresso. Se in effetti fosse tutto verificato di quel documento, allora vi sarebbero ad oggi almeno «7 tecnici, 5 dello Stato e 2 dell’azienda di gestione, sapevano che la corrosione alle pile 9 e 10 aveva provocato una riduzione fino al 20% dei cavi metallici interni agli stralli, i tiranti di calcestruzzo che sostenevano il sistema bilanciato della struttura». Ferrazza, commissario nominato dal Mit per indagare sul crollo del Morandi a Genova, ha fatto sapere un suo primo commento in merito a quel verbale: «Ho ricevuto una nomina in Commissione dalla mia amministrazione. Sto svolgendo questo lavoro. Oggi dovrei essere in cantiere. Non vedo conflitto di interessi. C’è forse più ricerca del clamore che la sostanza giuridica. In base al codice degli appalti noi siamo tenuti a dare quel parere e credo che la commissione esaminatrice sia stata molto scrupolosa. Lo abbiamo trasmesso tempestivamente a Roma. Questo avveniva 5 mesi fa. Sono ancora il provveditore in carica», poi conclude ancora «noi abbiamo un compito di verificare che Aspi faccia le verifiche necessarie, metta in sicurezza i due tronconi e che si ristabilisca una condizione di normalità per città. E’ quel che stiamo facendo: non c’è una comunanza tra noi e Autostrade per l’Italia come si è voluto forse un po’ pesantemente far pensare».

PERQUISIZIONI GDF IN PROVVEDITORATO OPERE PUBBLICHE

La zona rossa è stata chiusa e “ampliata” per il pericolo di nuovi crolli sotto il ponte, nella parte ovviamente rimasta in piedi dopo la tragedia del 14 agosto scorso: gli accertamenti tecnici sono ancora in corso e il rischio che la zona rossa possa rimanere interdetta a lungo è una ipotesi non scartabile, anche se ovviamente è quello che nessuno spera specie tra le famiglie di sfollati che vogliono recuperare il più possibile dalle loro case “fantasma”. Nel frattempo, dopo i documenti choc repertati dall’Espresso, prosegue l’inchiesta della magistratura di Genova: stamane la Guardia di Finanza ha compiuto diverse perquisizioni, tra cui la più “pesante” fatta nel provveditorato interregionale alle Opere pubbliche di Liguria, Piemonte e Val d’Aosta, l’ufficio periferico del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che si occupa della gestione tecnica, amministrativa ed economica dei lavori, delle forniture e dei servizi di competenza del Mit. Lo ha appreso l’Adnkronos che ha però specificato che non si tratta di sequestro, ma di mera «acquisizione di atti». 

SCRICCHIOLA MONCONE DEL PONTE

Si sono fermati i recuperi dei beni nelle case degli sfollati sotto il ponte Morandi: come riporta l’Ansa questa mattina, si sono uditi degli scricchiolii di monconi e resti del viadotto nella notte e anche stamani, tanto da imporre lo stop alle operazioni di soccorso e aiuto alle tante famiglie che dalle case che dovranno abbandonare per sempre stanno cercando di recuperare beni, mobili e ricordi. «In via precauzionale, i vigili del fuoco hanno deciso di interrompere le operazioni di recupero delle masserizie e degli oggetti personali dalle abitazioni evacuate», spiegano dalla prefettura di Genova, quasi una settimana dopo quel crollo del viadotto Morandi che ha cambiato per sempre forse la vita di questa città. L’allarme è stato dato da alcuni cittadini e immediata è stata la chiusura della zona rossa, facendo partire controlli incrociati per escludere pericoli alla sicurezza di tutti, soccorritori e semplici abitanti sfollati. La zona rossa rimane interdetta anche ai mezzi di soccorso in attesa dei risultati delle verifiche: intanto, come ha riportato ieri il responsabile della commissione del Mit, «la procura ha autorizzato le verifiche per la messa in sicurezza dei monconi di Ponte Morandi proposte da Anas, dopo aver avuto il parere favorevole dei consulenti. Le verifiche verranno effettuate dai tecnici di Autostrade con i consulenti della procura» ha spiegato Roberto Ferrazza dopo il sopralluogo avvenuto ieri sera.

DOCUMENTO CHOC: “TIRANTI RIDOTTI, MIT E ASPI SAPEVANO”

Intanto questa mattina il Giornale e L’Espresso riportano un documento choc in merito ai mesi immediatamente precedenti la tragedia occorsa al viadotto sopra il torrente Polcevera: ci sarebbero infatti le prove che inchioderebbero i responsabili alle proprie colpe e mancanze, ma con diverse novità. In una riunione di febbraio a cui avevano partecipato il ministero delle Infrastrutture, la Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali a Roma, il Provveditorato per le opere pubbliche di Piemonte-Valle d’Aosta-Liguria a Genova e Autostrade per l’Italia, si era cercato di capire quali fossero le condizioni del ponte “malato” di Genova: ebbene, secondo il documento in mano all’Espresso, si legge che «almeno sette tecnici, cinque dello Stato e due dell’azienda di gestione, sapevano infatti che la corrosione alle pile 9 (quella crollata) e 10 aveva provocato una riduzione fino al venti per cento dei cavi metallici interni agli stralli”, ovvero i tiranti trasversali in cemento armato». In quel tavolo, oltre agli uomini dell’ex Ministro Delrio vi era anche Ferrazza, l’attuale commissario ispettivo, oltre all’ingegnere  Antonio Brencich che per primo anni fa aveva espresso numerosi dubbi sulle condizioni del ponte Morandi. Se tutto venisse confermato, la domanda da porsi è semplice: se vi erano guai e danni così evidenti al viadotto, perché nessuno dopo mesi ancora aveva imposto la chiusura della tratta o imposto almeno urgenti lavori di manutenzione?