E’ stata definita legge porcata, non solo per il contenuto, ma per ovvio riferimento al porceddu, il maialino sardo, specialità culinaria della regione, quella che proibisce che negli allevamenti familiari si possa tenere un porcellino maschio, ma solo quattro scrofe. Il che impedisce ovviamente la riproduzione. Stiamo parlando di allevamenti familiari, dunque non commerciali, ma l’intento della legge sembra quello d colpire i piccoli produttori per favorire le grandi catene di distribuzione. Tutti i partiti si sono ribellati al nuovo provvedimento regionale Fratelli d’Italia ha lanciato una interessante proposta alternativa: «l’allevamento familiare non può superare le 4 unità, di cui massimo tre scrofe e un verro, fertili e in grado di riprodursi, e può generare una produzione massima annuale di 40 suinetti». (Agg. Paolo Vites)



NO PORCEDDU?

È il piatto tipico sardo. Lo si trova ai ristoranti, come negli agriturismi dell’entroterra. Il porceddu sardo non manca mai sulla tavola dei turisti in Sardegna o dei locali, ma un’ultima legge rischia di alternarne la specificità produttiva e tradizionale del settore sunicolo. La legge è la numero 28 approvata dal Consiglio regionale il 2 agosto scorso, all’articolo 4, comma 2 e impone agli allevamento famigliare di avere riproduttori, quindi gli esemplari maschi. Qual è la conseguenza di questa norma? Che gli allevamenti famigliari possono avere quattro scrofe, ma nessun maschio.



LE PROTESTE CONTRO LA LEGGE

Sul web non sono mancate le polemiche contro una norma che tenta di alternare la riproduzione e la tradizione sarda e così il leader di Unidos Mauro Pili ha lanciato una petizione su change.org per il ministro della Politica agricola in cui propone “di impugnare l’art. 4 della legge regionale 2 agosto 2018, N.28 in quanto lesivo del diritto di equo e univoco trattamento tra Stati e Regioni e fautore di una discriminazione inaccettabile, illegittima e illegale”. Per la votazione su 48 consiglieri regionali presenti, 44 hanno votato. Anche il deputato Ugo Cappellacci ha espresso il suo dissenso: “In questo modo anziché difendere il nostro agroalimentare, aiutando le famiglie a far crescere la propria attività, si apre la strada, ancora di più, alla colonizzazione delle nostre tavole e all’importazione di maialetti allevati all’estero. È una decisione non solo illogica, ma repressiva verso i sardi e la Sardegna ed è un esempio di una Regione che fa la forte con i deboli ed è debole con i forti”.