La guida Antonio De Rasis amava l’Abruzzo. Lo frequentava spesso. Era stato in Abruzzo in occasione della tragedia di Rigopiano, come volontario per aiutare nei soccorsi, per dare manforte in quel disastro. Antonio era sul Gran Sasso all’inizio del mese di agosto, pochi giorni fa, per un’escursione su una delle montagne che più amava e dove si recava ogni volta che poteva. Finita la vacanza sul Gran Sasso teramano De Rasis è tornato a casa, nel suo Parco del Pollino. Ad attenderlo c’era un gruppo di persone che Antonio doveva guidare in quell’escursione che poi è risultata fatale sia a lui sia ai turisti che stava accompagnando.
Si potrebbe quasi parlare di errore umano, visto l’allarme giallo che era stato lanciato relativamente alle condizioni meteorologiche che si annunciavano in quella zona di Calabria. Errore umano perché Antonio De Rasis era esperto e poteva capire il rischio a cui si andava incontro. Non tocca a noi però emettere sentenze, c’è l’inchiesta giudiziaria che è stata aperta e che potrà far luce su quanto è accaduto e su che cosa si sarebbe potuto fare. Rimane il dramma umano della sua morte e di tutte le altre morti che un violento fiume d’acqua ha causato. Che sia terremoto, che sia slavina, che sia inondazione la natura non perdona.
Gli escursionisti sono stato travolti da un fiume di fango mentre facevano canyoning, attraversando a piedi il letto del corso d’acqua. Svariati i dispersi, 33 in totale le persone tratte in salvo dai soccorritori. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco, la Protezione civile nazionale e il Soccorso Alpino che ha salvato un bambino in ipotermia, portato all’ospedale di Cosenza. A supporto anche alcune squadre di tecnici del Soccorso Alpino e Spelelogico della Basilicata.
“C’era l’allerta gialla. E ricordo a tutti che con l’allerta gialla ci possono anche essere morti — ha detto il capo Dipartimento della protezione civile, Angelo Borrelli, sulla tragedia del torrente Raganello —. Un evento che era in qualche modo prevedibile”. Intanto sul caso la Procura della Repubblica di Castrovillari ha aperto un fascicolo contro ignoti ipotizzando i reati di omicidio colposo, lesioni colpose, inondazione e omissione d’atti d’ufficio. Lo ha riferito il procuratore Eugenio Facciolla. Al momento non è stata disposta l’autopsia sui corpi delle vittime. I corpi, comunque, presentano i traumi tipici del trascinamento in acqua.
A Castrovillari è giunto anche il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, in visita ai feriti in ospedale. “Ho voluto fortemente essere qui, accanto a queste persone sofferenti, per far sentire anche alle loro famiglie la vicinanza non solo mia ma di tutto il governo — ha scritto Costa su Facebook —. Il Paese Italia si è stancato di piangere i morti. Io sono venuto qui proprio per capire chi doveva fare cosa e magari non lo ha fatto”. A lui ha fatto eco il messaggio di cordoglio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: “Tutto il nostro Paese prova grande tristezza per questa nuova tragedia che ha provocato tanti morti e feriti nel Parco del Pollino. Esprimo la più grande solidarietà ai familiari delle vittime e ai feriti e ringrazio gli uomini del soccorso che hanno operato e stanno tuttora operando, con la consueta abnegazione, in condizioni difficili”.
È l’Italia che piange, che si ferma a riflettere, che stenta a capire da cosa e come ripartire, che non è capace di dare un senso alla sofferenza, che si entusiasma di fronte al cuore di un volontario, che spesso rifugge dal proprio.