Pubblichiamo uno stralcio dell’intervento di Silvio Cattarina, fondatore e presidente della cooperativa sociale L’Imprevisto, tenuto ieri nell’incontro conclusivo del Meeting di Rimini dal titolo: “Tormentati dalla gioia. La Casa Volante e L’Imprevisto: testimonianze”. 

 

(…) Non è il passato, non è il male la cifra della vita, della mia persona. Il punto, il centro, il valore della vita è la gioia. L’unità di misura è la gioia, non il dolore. “Tormentati dalla gioia!”. Anche, perfino, soprattutto il dolore, la croce, la morte diventano gioia.



Essere felici, si deve, si può. Anche quando si è pieni di dolore, anche quando tutto va male. La vita è un canto, una lode. Insegnami questo. Tu che dici di aiutarmi, insegnami questo.

Non guardare solo il mio dolore, guarda il bisogno di vita, di felicità, di amore che ho, che il mio intimo grida a tutto il mondo. Grida insieme a me. Vedi che sono piccolo, povero, vedi che sono tutto chiuso in me stesso, tutto rattrappito dentro di me. Insegnami a gridare, aiutami a far esplodere tutta la gioia che mi urge in petto. Dai voce, parola, suono, canto al grido del mio cuore, dai voce alla mia carne.



Il male non è l’abbandono, la rinuncia, la sconfitta, la malattia; il male vero è non avere un’anima che grida, che vuole tutto il bene del mondo per sé. Sì, io sono piccolo, povero, sono misero, sono senza famiglia, sono profugo (profugo… quelli veri. Ma anche quelli “nostrani”: il più grande campo profughi è la gioventù).

Sì, io soffro, dunque mettimi al centro della tua vita, di te che mi aiuti, di te educatore… Mettimi davanti a te, affinché io possa davvero chiamarti e richiamarti al vero senso della vita, al giusto atteggiamento del cuore. Il piccolo, il povero, se lo sappiamo guardare, se ci permettiamo e ci aiutiamo a guardarlo, ci fa vedere l’essenziale, il cuore delle cose, la straordinaria bellezza del cuore, la profondità degli accadimenti. Il piccolo, il povero ci dicono, ci invitano continuamente a guardare la grandezza dell’Essere, il significato del tutto.



Il piccolo, il povero riesce a comunicare in modo convincente, commovente quanto è invisibile, ineffabile, inspiegabile, imprevisto. Come sanno guardare Dio i piccoli e i poveri è davvero ammirabile. Noi abbiamo bisogno dei piccoli e dei giovani che guardano tutto con occhi così semplici e limpidi, con quello speciale fremito dell’anima. Ci fanno vedere e capire che la logica della vita non è la riuscita, il successo, la conquista delle mie mani. Ci dicono invece che la vita è un incontro, un dono, una grazia.

La vita è testimonianza dell’incontro fatto, ricevuto. La persona è l’incontro, si può dire. Ecco cosa desidero, cosa chiedo che diventino i nostri ragazzi: testimoni di una grande cosa. Giovani coraggiosi, fieri, che danno la vita per la vita degli altri. L’altro non come oggetto di consumo, come oggetto per scaricare le mie violenze, ma come presenza piena di domanda, piena di un dolore che vuole trafiggere il mio cuore. Oh come sappiamo, come sentiamo e vediamo, che la condizione per vivere la gioia è la croce.

Io che sono piccolo, io che sono povero, dico a te educatore, a te insegnante, a te genitore: non capisci, non vedi che ciò che veramente desidera il mio cuore è dare la vita per un altro; offrire, dare la vita, sacrificarsi per gli altri? Non vedi, non hai capito che il vero senso del dolore, della sofferenza è questo? È per il bene del mondo, per essere offerto al mondo. Allora insegnamelo, spiegami, aiutami. (…)

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