Emilio Fede è stato assolto dall’accusa di bancarotta fraudolenta in concorso con Lele Mora perché erano leciti i soldi dati da Silvio Berlusconi all’ex talent scout. I «prestiti», per quasi tre milioni di euro, «erano di per sé del tutto leciti». Lo ha scritto la Corte d’Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso maggio ha ribaltato la condanna di primo grado a tre anni e mezzo di carcere, assolvendo l’ex direttore del Tg4. La circostanza che una parte di quei soldi sia stata girata da Lele Mora, che aveva già patteggiato per il crac della sua Lm Management, ad Emilio Fede, «come corrispettivo per la sua intercessione» con l’ex premier o «per altri motivi», è penalmente irrilevante. Secondo la Corte, presieduta da Giuseppe Ondei, non c’è innnanzitutto neppure la prova che Fede sapesse che all’epoca Mora era un «imprenditore individuale» e che come tale poteva fallire.
EMILIO FEDE ASSOLTO: “LECITI I SOLDI DA BERLUSCONI”
Emilio Fede era imputato per aver trattenuto per sé 1,1 milioni di euro dei 2,750 milioni versati da Silvio Berlusconi nel 2010 in tre fasi per salvare la società di Lele Mora. Lo stesso leader di Forza Italia ha testimoniato nel processo di primo grado, spiegando che quei prestiti all’ex talent scout, avvenuti attraverso il suo fidato ragioniere Giuseppe Spinelli, erano stati un «un atto di generosità, di cui poi non mi sono più interessato». Per i giudici della Corte d’Appello di Milano, come emerge dalle motivazioni, Lele Mora, prima della dichiarazione di fallimento dell’aprile 2011, poteva essere considerato alla stregua «di un imprenditore le cui società versavano in gravi difficoltà economico-finanziarie». Quei prestiti dell’ex premier, dirottati in parte ad Emilio Fede, «risultavano funzionali, nella prospettiva di chi li aveva erogati, ma anche dello stesso Fede, a consentire al titolare indiscusso delle società in crisi di ripianare la situazione debitoria». Ciò però non è accaduto «per la dispersione di quelle risorse, almeno in parte, per finalità extra-societarie, come riconosciuto dallo stesso Mora». Tuttavia Fede, secondo la Corte, incassando parte del prestito non era consapevole – o almeno manca la prova che lo fosse – «di concorrere nella sottrazione dei beni» ai creditori della società di Mora. Da qui l’assoluzione.