Come una bomba ad orologeria. Deflagrata nel bel mezzo del 24esimo viaggio apostolico, quello che si ricorderà come il più drammatico di Francesco sul fronte della lotta agli abusi commessi da membri del clero e consacrati. Mons. Carlo Maria Viganò, diplomatico di vecchio corso, ex nunzio negli Stati Uniti, ha scelto proprio il momento peggiore per lavarsi la coscienza e proporre con originale senso ecclesiale quello che secondo lui è un servizio alla Verità e alla Chiesa. Il memoriale di 11 pagine redatto dal vecchio diplomatico e consegnato alla stampa, è di fatto una resa di conti con tutta la nomenclatura vaticana degli ultimi trent’anni, con affondo finale al capo massimo, quel Francesco reo di non averlo preso in considerazione nonostante i suoi lunghi e controversi anni da lavoratore nella Curia Romana e nelle sedi diplomatiche di mezzo mondo.
Mentre il pontefice era impegnato a fronteggiare il dolore delle vittime di abusi sessuali, insieme alla vergogna e all’umiliazione di una Chiesa, quella irlandese, ancora invischiata negli strascichi degli scandali sessuali, l’ex nunzio affidava a uno scritto una serie di accuse tutte riguardanti il cosiddetto affare McCarrick.
In sostanza collaboratori di tre pontefici, oltre a vescovi e compiacenti cardinali statunitensi, sapevano della condotta a dir poco corrotta del cardinale americano e non avrebbero fatto nulla, continuando a coprirlo, promuoverlo e frequentarlo. Il caso è noto ed è stata un’altra recente croce per Francesco: all’ex arcivescovo di Washington è stato ordinato di dimettersi dal collegio cardinalizio, per essere stato riconosciuto colpevole di almeno un caso di abuso sessuale su minore, oltre a molti altri di potere e di coscienza su schiere di seminaristi e giovani americani. Insomma un caso chiaro di omosessualità vissuta dal potente prelato con disinvoltura, in una doppia vita che ha scandalizzato e fatto mormorare per decenni. In barba al voto di castità e alle responsabilità come eminente pastore dell’episcopato americano. Una storiaccia a cui Francesco sperava di aver messo la parola fine con la severissima misura presa e comunicata alla fine di luglio.
A rimestare il coltello nella piaga ci ha pensato Viganò, sostenendo che le malefatte di Theodore McCarrick fossero note, che l’eco delle sue molestie a giovani seminaristi fosse arrivata tra le mura vaticane e che Benedetto XVI avesse disposto misure punitive. Ma soprattutto dopo le dimissioni di Ratzinger avrebbe informato personalmente il successore, Francesco, del dossier a carico di McCarrick. Avvertimenti pare rimasti inascoltati. Ecco allora il lampo: “in questo momento estremamente drammatico per la Chiesa universale riconosca i suoi errori e in coerenza con il conclamato principio di tolleranza zero, Papa Francesco sia il primo a dare il buon esempio a cardinali e vescovi che hanno coperto gli abusi di McCarrick e si dimetta insieme a tutti loro”.
Niente di meno che le dimissioni. Ci si potrebbe anche cascare, il testo infatti è pieno zeppo di citazioni, dettagli, circostanze, date e nomi (molti). Credibile e verosimile per drammaticità del racconto e virgolettati che riportano frasi probabili in bocca al pontefice. Ma a mettere in guardia dal violento attacco dell’ex nunzio è la sibillina risposta data da Francesco nella sua intervista ad alta quota, di ritorno da Dublino. “Leggete voi attentamente quel comunicato e fate voi il vostro giudizio. Io non dirò una parola su questo: credo che il comunicato parla da sé e voi avete la capacita giornalistica sufficiente per trarre le conclusioni. Faccio un atto di fiducia”.
A parte l’ingenuità di mettersi nelle mani di scribacchini con la tendenza a prendere cantonate e a generare fake news, la sicurezza che Francesco mostra impone un’analisi del lungo comunicato a firma Viganò. Sono troppe le omissioni, quello che non dice forse è più importante di ciò che spalma sulle pagine, dimentica che è stato proprio Francesco a prendere le severe misure contro Theodore McCarrick e che non ci sono prove delle sanzioni decise da Benedetto, in ogni caso disattese. Non si parla dei motivi del suo allontanamento dalla Curia, né di come è finita la sua carriera all’interno del Governatorato, dei suoi rancori e delle sue vendette, del suo ruolo in una delle stagioni più controverse della storia recente della Chiesa, quel Vatileaks 1 di cui lui fu coprotagonista. Per non parlare poi delle liti familiari, per eredità contese, finite sulle colonne dei giornali, con strascichi che arrivano fino ai nostri giorni. Se davvero ama la Verità, dinamica e tempistica di intervento non depongono a suo favore.