Pochi minuti dopo la presentazione del film sulla morte di Stefano Cucchi alla Mostra del Cinema di Venezia, la sorella Ilaria ha pubblicato una lettera toccante e dura, molto emozionante. «Guardo il cielo sperando di poter incontrare il tuo sguardo. Non vedo nulla», scrive dopo aver ammesso di essere profondamente commossa per il film. Sente gli applausi, riceve abbracci e percepisce le lacrime di tutti. «Niente legge contro la tortura perché lega le mani alla Polizia. Ma la Polizia non sente il bisogno di avere quelle mani libere che sarebbero sporche di sangue. Forse magari il sindacato di Tonelli la pensa diversamente ma la Polizia del comandante Gabrielli è altra cosa». Ilaria Cucchi tira poi in ballo Matteo Salvini: «Qualcuno ha detto che dopo un fermo ci può scappare qualche schiaffo, qualche pugno. E se poi il fermato cade e si fa male pazienza. [..] Ma ce ne dobbiamo fare una ragione io te mamma e papà. In fin dei conti questo qualcuno è ora il ministro dell’Interno. Ora, ironia della sorte, sta facendo passerella e cene di gala a Venezia». Ilaria scrive di volerlo incontrare pubblicamente per «guardarlo negli occhi. Senza dire nulla. Fargli abbassare quello sguardo freddo ed inespressivo. A Ste’, questo non avrà mai il coraggio. E poi lui sì che fa parte della casta». Il vicepremier e ministro dell’Interno in una diretta Facebook ha risposto a Ilaria Cucchi, dicendosi pronto a guardare il film e a incontrare la famiglia al ministero. E ha aggiunto: «Difenderò in modo pieno e in totale sicurezza le forze dell’ordine: i pochissimi che sbagliano vanno puniti anche più degli altri, però difendo il lavoro, la sicurezza e la vita delle forze dell’ordine che devono essere aiutate e non ostacolate nello svolgimento del loro mestiere». (agg. di Silvana Palazzo)



CASO CUCCHI: PROCESSO BIS RINVIATO A SETTEMBRE

Quello di Stefano Cucchi, giovane geometra 31enne arrestato il 15 ottobre 2009 dopo essere stato trovato in possesso di droga e spirato una settimana dopo all’ospedale Pertini di Roma, è un caso giudiziario controverso e complesso. Attualmente è in corso il processo bis nel quale si sta tentando di fare luce sulla sua morte del giovane e che vede imputati cinque militari, tre dei quali accusati di omicidio preterintenzionale. Roberto Mandolini, all’epoca dei fatti comandante della stazione di via Appia e accusato di falso (non avrebbe verbalizzato la resistenza opposta da Cucchi in caserma dove fu portato per il foto segnalamento e avrebbe attestato falsamente che il geometra non aveva voluto nominare un difensore di fiducia), ma anche calunnia, è stato il solo ad essere presente in aula nel corso dell’ultima delicata udienza, durante la quale hanno testimoniato il padre, la madre e la sorella del giovane ucciso in quella che è stata definita una delle udienze più toccanti e commoventi dell’intero processo. Stefano fu arrestato il 15 ottobre 2009 in via Lemonia, nella Capitale, dopo essere stato sorpreso in possesso di 28 grammi di hashish e qualche grammo di cocaina. Per l’accusa, il giovane fu picchiato con “schiaffi, pugni e calci” la stessa notte del suo arresto da parte dei tre carabinieri imputati. Secondo la procura il pestaggio gli provocò la caduta al suolo con gravi conseguenze nella regione sacrale ma a causa della condotta omissiva dei sanitari il giovane morì il 22 ottobre. “Come è possibile che un ragazzo muoia in quel modo nell’ambito dello Stato? Quando l’ho visto, all’obitorio, non sembrava Stefano … ma un marine morto in Vietnam con il napalm”, sono state le parole del padre di Stefano, Giovanni Cucchi, testimone in aula lo scorso luglio.



LA SORELLA ILARIA NELL’ULTIMA UDIENZA DEL PROCESSO BIS

Per la prossima udienza del processo sulla morte di Stefano Cucchi occorrerà attendere il prossimo 27 settembre ma è impossibile dimenticare quanto accaduto nel precedente appuntamento in aula, quando a prendere la parola in qualità di testimone è stata la sorella del geometra morto a 31 anni, Ilaria Cucchi. La donna ha parlato per oltre due ore, durante le quali ha ricordato il rapporto con il fratello morto in ospedale sei giorni dopo essere arrestato dai carabinieri. “Non posso dimenticare le urla disperate dei miei genitori quando ebbero la possibilità di vedere il cadavere di Stefano”, ha detto Ilaria in aula. La donna, come rammenta La Stampa, ha ribadito come il fratello fosse sì magro, ma stava bene, “non aveva alcun problema di salute” tale da giustificare la sua morte. La donna è poi scesa nei particolari del pestaggio a scapito di Cucchi: “Il corpo era irriconoscibile, non sembrava neppure Stefano. Aveva il volto tumefatto, un occhio fuori dall’orbita, la mascella rotta, l’espressione del volto segnato da sofferenza e solitudine nella quale era morto”. Sono parole durissime quelle usate per descrivere le sensazioni provate alla vista del giovane. Ilaria, al pm di Roma Giovanni Musarò ha spiegato di non aver mai perso una sola battuta di quelli che lei definisce il “processo sbagliato” per la morte di Stefano Cucchi. La donna ha ricordato di essere stata sempre presente in tutte e 73 le udienze, “nelle quali si parlava del carattere di mio fratello, si diceva che era morto di suo, che erano stati gli agenti di polizia penitenziaria a picchiarlo. E tutto ciò per colpa di una persona presente in aula”. Ilaria faceva riferimento al maresciallo Mandolini, unico imputato tra i cinque carabinieri a processo e presente all’ultima udienza.

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