L’ex prefetto di Padova, Patrizia Impresa, è da qualche ora nella bufera per le intercettazioni riferite ad una telefonata intercorsa con l’allora suo vice Pasquale Aversa il 14 aprile del 2017:”È vero che ne abbiamo fatte di porcherie, però quando le potevamo fare”. La diretta interessata, come riportato da Il Fatto Quotidiano, non è indagata e si dice “amareggiata” dal momento che “sono state estrapolate e pubblicate frasi completamente decontestualizzate”. La Impresa, che non è indagata, si dice “assolutamente certa della correttezza dei miei comportamenti. Quelle frasi fanno parte di un carteggio di centinaia di pagine ampiamente esaminato dall’autorità giudiziaria”. L’ex prefetto aggiunge:”Probabilmente non è stato capito che proprio l’utilizzo anche di termini forti come la parola, per esempio, ‘schifezza‘, che viene riportata, era un termine forte ma, in un momento in cui lo stavo esprimendo, in una conversazione assolutamente avulsa da tematiche relative alla gestione dei migranti, era una critica. Una critica forse anche nei confronti di me stessa, ed è per questo che mi sono lasciata andare in termini forti. In me rimane la convinzione di aver comunque operato bene”. (agg. di Dario D’Angelo)
“FRASI INTERPRETATE MALE”
L’intercettazione dell’ex prefetto di Padova Patrizia Impresa ha scosso il mondo della politica e ha scatenato l’ennesimo dibattito sul tema migranti. Vi abbiamo raccontato quanto affermato dall’attuale prefetto di Bologna nel corso di una telefonata al suo vice risalente al 10 ottobre 2016, e la vicenda ora è sotto la lente di ingrandimento del Viminale, con il ministro dell’Interno Matteo Salvini che ha già detto la sua sulla questione. Patrizia Impresa ha già replicato alle accuse e, come sottolinea Il Fatto Quotidiano, ha evidenziato: “Ho lavorato in condizioni di assoluta emergenza e in stato di necessità”. Per quanto riguarda il termine ‘schifezze’ è stato usato “non certo per identificare illeciti o fatti vergognosi, ma perché la gestione del fenomeno degli sbarchi negli scorsi anni ha talvolta richiesto di assumere decisioni difficili e non sempre coerenti con i propri principi e convincimenti”. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
“IO CORRETTA”
È arrivata solo nelle ultime ore una prima replica da parte di Patrizia Impresa, ex prefetto di Padova salita oggi, suo malgrado, agli “onori” delle cronache nazionali per via di una intercettazione nel corso di una telefonata col suo vice, in cui spiegava che anche loro avevano “fatto porcherie con i profughi”. La Impresa, attualmente prefetto di Bologna, è stata intercettata dai Carabinieri nell’ambito di una inchiesta sulla gestione dei migranti nella regione Veneto e ha voluto commentare alcune delle sue frasi incriminate, tra cui quella riguardo alla suddette “porcherie” commesse “quando ancora le potevamo fare”: “Sono state estrapolate e pubblicate frasi completamente decontestualizzate” si è difesa l’ex prefetto patavino, aggiungendo anche di essere certa della sua correttezza in merito a questa spinosa vicenda. (agg. R. G. Flore)
EX PREFETTO PADOVA, “FATTO PORCHERIE SU PROFUGHI”
E’ emersa in queste ore una clamorosa intercettazione dei carabinieri con protagonisti l’ex prefetto di Padova, Patrizia Impresa, al telefono con l’allora suo vice, Pasquale Aversa, che aveva il compito di occuparsi dell’accoglienza migranti. L’intercettazione rientrerebbe nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione dell’accoglienza in Veneto da parte della cooperativa Edeco. “È vero che ne abbiamo fatte di porcherie, però quando le potevamo fare”: questa la frase pronunciata dall’ex prefetto di Padova e dallo scorso luglio passata a Bologna pronunciata il 14 aprile 2017 e resa nota oggi da il quotidiano Il Mattino di Padova, intercettata dai carabinieri nell’ambito della maxi inchiesta durata tre anni e conclusasi proprio nei giorni scorsi. All’epoca dell’intercettazione, Impresa non era più al vertice della prefettura veneta e non risulterebbe indagata, al contrario di Aversa. In un’altra intercettazione tra l’allora prefetto ed il suo vice, la Impresa proseguiva: “Anche se dobbiamo fare schifezze Pasquà… eh eh… no… schifezze… noi ci dobbiamo salvare Pasquà… perchè, ti ripeto, non possiamo farci cadere una croce che”. E in riferimento al sovraffollamento del centro Bagnoli, nel 2016 aggiungeva: “Anche se andiamo a metterli da qualche parte dove non possiamo, qualche cosa la dobbiamo pur fare”. Il centro in questione ospitava 900 persone ma Aversa avrebbe ridimensionato quel numero in vista della visita dell’allora ministro dell’Interno, Alfano. “Il dato di 900 persone di oggi non possiamo darglielo assolutamente”, si legge nella trascrizione di un’altra conversazione tra i due.
IL COMMENTO DI MATTEO SALVINI
In merito alla maxi inchiesta appena chiusa, sono sette gli avvisi di garanzia inviati ad altrettanti indagati, tra cui spunta proprio il nome dell’ex vice prefetto vicario Aversa e di una ex funzionaria della medesima struttura. Oltre a loro, come spiega SkyTg24, anche i vertici di una cooperativa veneta che dal 2015 si occupa dei maggiori hub regionali e che da allora ha visto aumentare vertiginosamente il proprio fatturato. Secondo quanto riferito dal Corriere del Veneto, le accuse a loro carico sono molteplici: turbata libertà degli incanti, frode nelle forniture pubbliche, truffa e corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, induzione indebita, rivelazione di segreto d’ufficio. Dopo la notizia relativa alle intercettazioni tra l’ex prefetto ed il suo vice, è intervenuto anche Matteo Salvini: “Il governo di centrosinistra negava l’emergenza sbarchi, ma poi scaricava il problema sui prefetti e li costringeva a spostare i clandestini da un Comune all’altro – come nel gioco delle tre carte – per non irritare sindaci del Pd, ministri in visita o presidenti Anci del Pd. È il quadro vergognoso che emerge dall’inchiesta di Padova. Io, invece, voglio bloccare gli sbarchi e mi prendo tutte le responsabilità delle mie scelte. Se qualche funzionario ha sbagliato è giusto che paghi. Ma chi sono i mandanti politici di tutto questo?”, ha tuonato il ministro dell’Interno.