Dal 1999 con il decreto legge 205 e in particolare con l’articolo 55 bestemmiare è passato da reato penale, cioè con possibilità di carcere, a quello amministrativo. E’ infatti prevista una multa da 51 euro fino a 309 per chi bestemmia in luogo pubblico («Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità, è punito con la sanzione amministrativa da euro 51 a euro 309. […] La stessa sanzione si applica a chi compie qualsiasi pubblica manifestazione oltraggiosa verso i defunti»). In precedenza, nel 1995, la Corte costituzionale aveva dichiarato incostituzionale l’articolo 724 del codice penale, in cui si diceva che sarebbe stato perseguito chi bestemmiava contro divinità e simboli della religione di stato, cioè il cattolicesimo, dunque eliminando la religione cattolica dall’ordinamento dello stato.
MULTA SOLO SE SI BESTEMMIA DIO
Il decreto del 1999 però prevede la sanzione economica solo se si bestemmia contro Dio, ma non contro la Madonna o qualche santo: non sono considerati divinità. Verrebbe da dire, citando la tennista Serena Williams, che sia un provvedimento sessista, che non difende insomma le donne, mettendole su un piano inferiore. D’altro canto c’è anche chi dice che Dio è donna. In questo modo fatti come quello del luglio 2007 accaduto a Bologna, ha permesso ai rappresentanti di una associazione gay di cavarsela senza alcuna ammenda dopo una denuncia per vilipendio per aver presentato uno spettacolo considerato offensivo nei confronti della Madonna. I calciatori invece vengono puniti in modo alternativo: chi bestemmia viene squalificato. E’ successo al calciatore dell’Udinese Rolando Mandragora beccato a bestemmiare nel primo turno di campionato, mentre l’allenatore del Napoli, Ancelotti, che pure ha fatto lo stesso a Genova durante la disastrosa partita contro la Sampdoria, al momento non ha subito alcuna squalifica.