È morto ad Imperia Idalgo Macchiarini, ex dirigente della Sit Siemens ma soprattutto il primo sequestro dalle Brigate Rosse nel lontano 3 marzo 1972. Un personaggio minimo rispetto al clamore degli omicidi, dei rapimenti e dei sequestri che segnarono con “toni rossi” i terribili anni di Piombo del nostro Paese, eppure quel sequestro-lampo – durò in tutto neanche mezz’ora – fu fondamentale per comprendere il metodo e la strategia che il terrorismo comunista utilizzò poi anche per il suo “obiettivo” massimo, il delitto di Aldo Moro (all’epoca Presidente della Dc). I funerali si sono tenuti oggi pomeriggio a Milano, presso la chiesa di Sant’Elena, in forma privata: la storia di Macchiarini ebbe per gli storiografi un significato centrale nella modalità in cui le “giovani” Brigate Rosse vennero conosciute in quegli inizi d’anni Settanta. Il sequestro durò per l’appunto 20 minuti, il tempo per scattare la prima foto con un rapito dalle BR con un cartello pieno di slogan che divennero poi all’ordine del giorno nella cronaca nera italiana. «Morti e fuggi», «Niente resterà impunito», «colpiscine uno per educarne cento» e infine «tutto il potere al popolo armato». All’epoca non venne dato molto “peso” a questi avvertimenti: ma riletti anni dopo, non solo per il sequestro Moro, fanno davvero una “sinistra” impressione.
IL METODO DELLE FOTO
Le foto dei rapiti, dei gambizzati e degli ammazzati – nessuno era in salvo, da politici a sindacalisti, da attivisti a sacerdoti, da commissari a semplici giornalisti – divenne in breve tempo il vero strumento di propaganda delle Br. Quel giorno, Macchiarini fu avvertito dai rapitori che sarebbe stato liberato in breve tempo, come raccontò lui stesso anni dopo rievocando quel breve sequestri. «Guarda la foto di Macchiarini. Si tratta di una immagine da operazione di polizia, si vedono le pistole puntate verso l’ostaggio. Non si vedono i brigatisti. Pensa alle foto odierne: i poliziotti hanno la maschera, non si devono riconoscere. Macchiarini è “un preso”», spiegava il fotografo Ferdinando Scianna al collega Marco Belpoliti dopo la pubblicazione nei mesi scorsi di tutto il materiale fotografico sui rapimenti delle Br, in particolare quello dello statista Dc. Non proprio tutti però, all’epoca, compresero la portata di quelle minacce: celebre divenne l’articolo di Giorgio Bocca su Il Giorno, proprio dopo i primi segnali e inquietanti avvertimenti delle Br. «A me queste Brigate Rosse», scriveva Bocca, «fanno un curioso effetto, di favola per bambini scemi o insonnoliti; e quando i magistrati e gli ufficiali dei Cc e i prefetti ricominciano a narrarla, mi viene come un’ondata di tenerezza, perché la favola è vecchia, sgangherata, puerile, ma viene raccontata con tanta buona volontà che proprio non si sa come contraddirla». Ecco, proprio una favola non fu..