Una donna muore sulla strada per salvare le sue bambine. Dopo essere stata tamponata in autostrada, Barbara Fettolini ha pensato subito alle due bambine che viaggiavano con lei. È scesa per prendere il triangolo segnaletico e sistemarlo sulla carreggiata, ma è stata travolta e uccisa da un’auto che sopraggiungeva, e con lei sono state investite anche altre due persone: la conducente dell’auto che l’aveva tamponata, a propria volta scesa dall’auto, e un automobilista fermatosi a prestare soccorso. La tragedia è avvenuta martedì sera poco dopo le 20 sull’autostrada A8 “dei Laghi”, all’altezza dello svincolo di Rho Fiera Milano per la tangenziale ovest.



La storia di una madre che dà la vita per i propri figli può appartenere alle categoria dei sacrifici normali che ti aspetti, ma in questo caso colpisce che questo atto di grande sacrificio passi per un piccolo gesto di attenzione: mettere il triangolo segnaletico per proteggere i bambini. Questo gesto di misericordia mi dice che l’amore passa per gesti piccoli. Ma rimane invece che un dolore come questo sia inspiegabile e incontenibile, anche se i bimbi custoditi da quel triangolo rimangono una piccola luce che ci rende possibile sostare davanti all’insostenibile. Quando qualcuno perde la vita, la differenza tra sofferenza e disperazione è l’amore che circonda quella vita e, come nel caso di Barbara, l’amore che quella vita è riuscita a donare.



Rimane però che il dolore sia qualcosa d’incomprensibile: se non fosse così non sarebbe, come spiegava Ratzinger, la più grande prova per la fede del cristiano. Bisogna avere il coraggio di dire la verità: il dolore — parlo dei dolori enormi come questo — è, come l’amore, incomprensibile. Facciamo attenzione: è incomprensibile anche per il credente. Con la differenza che il dolore, per il discepolo di Cristo, è una via che si apre alla Verità e all’Amore del Padre. 

È incomprensibile ma non è qualcosa senza meta: il dolore conduce. Quando accade, occorre avventurarsi. Occorre chiudere gli occhi della mente e aprire il cuore per camminare. Noi uomini, istintivamente, cerchiamo il senso intellettuale del dolore e ci dimentichiamo che, nel dolore, Gesù non ci dà un senso intellettuale ma ci indica una Via. 



Pare una differenza sottile invece è decisiva. Non dobbiamo capire, ma stare con Lui. Il suo Sangue ci guida al Padre. Il dolore senza la croce di Cristo è come un uccello senza ali, gli mancano i mezzi per riconoscersi nella sua identità. Perché il dolore ha un’identità, ha un nome, come le persone. E come l’uomo non conosce se stesso finché non è davanti a Dio, così anche un dolore non si conosce, non si può comprendere, finché l’uomo non è davanti a Dio. Ma non si può dire che un uomo non abbia senso anche se non si comprende la sua vita. Allo stesso modo il dolore, anche quando è incomprensibile e non si può capire, ha il senso di una Via. 

Maria, di cui la Chiesa celebra nei prossimi giorni lo stare accanto alla Croce, ci orienta per aiutarci a percorrere quella Via. Le mani di Maria non erano inchiodate con Gesù cosicché mentre Lui guardava l’umanità, Lei abbracciava l’umanità col suo amore e con quello del Figlio e conduceva l’umanità sulla strada che porta al Padre. Il dolore è la Via percorsa dal Figlio e indicata dal Padre per arrivare a Lui.