Un gioco perverso e tragico gli ha teso una trappola infernale. Coraggio, passione, volontà di vincere le sfide più ardue: Igor Maj, 14 anni e una testa bionda piena di sogni, non aveva mai avuto paura nell’affrontare il brivido della scalata in quota, l’emozione di una sfida ardua insieme ai Ragni di Lecco, storico gruppo d’élite dell’alpinismo italiano. Ma quell’audacia che a volte negli adolescenti sconfina perdendo ogni inibizione e travalicando qualsiasi argine, deve averlo trascinato nel gioco assurdo e fatale. La tragedia è nota: Igor è morto soffocato, vittima di una pratica in voga fra i ragazzini sul web che lancia una sfida macabra e rischiosissima, il blackout. Il folle esperimento che dovrebbe spingere alla soglia dell’asfissia producendo uno stato di euforia temporanea, è stata fatale per l’adolescente che è stato ritrovato privo di vita, nella sua cameretta, con una corda appesa al collo. Una voragine di insensatezza oggi rende ancor più amara e disperante questa morte quasi cercata come un assurdo azzardo, la morte di un figlio che pareva protetto e distante dai disagi tipici dell’adolescenza. Igor, campione lombardo under 14 di arrampicata, una grinta che sprizza dall’espressione e dal fisico forte e asciutto, non dava a vedere la sua fragilità, non pareva potesse scivolare nei tunnel bui del “disagio giovanile”. Igor pareva non dovesse fare i conti con un buco nel cuore da riempire ricorrendo a alcol o droghe, a fughe dalla realtà, corse pazze nella notte o trasgressioni che cancellano i sogni invece di realizzarli. No, Igor amava lo sport, l’impegno, la prova che si gioca tutta con la fatica dell’allenamento e respirando aria pura di montagna.
Eppure le insidie e i pericoli che oggi si infiltrano tanto facilmente invadendo proprio quei luoghi che un tempo sarebbero sembrati protetti, hanno offerto una suggestione imprevista, hanno solleticato proprio quel coraggio indomito che aveva reso Igor sempre più forte e tenace nelle sue arrampicate. L’adolescenza è forse proprio l’età nella quale si fa sottile il filo che separa la realtà dai sogni, che rischia di tradurre una sete incolmabile di senso in un’illusorio sentimento di onnipotenza.
La parola allarme non suona esagerata di fronte ai fatti emersi: l’ampia offerta di pericolosissimi game diffusi dal web come un qualsiasi passatempo concesso ai ragazzi, apre un senso di impotente smarrimento insieme a interrogativi inquietanti. Commuove che i primi a lanciare un appello “salva vita” siano, pur in queste ore di immenso dolore, proprio i genitori di Igor. “Fate il più possibile per far capire ai vostri figli che possono sempre parlare con voi” raccomandano. “Qualunque stronzata gli venga in mente di fare devono saper trovare in voi una sponda, una guida che li aiuti a capire se e quali rischi non hanno valutato. Noi pensiamo di averlo sempre fatto con Igor, eppure non è bastato” suggeriscono, quasi a ricordare come ogni avventura educativa, per quanto animata da impegno amorevole, schiuda una sfida drammatica specialmente in un mondo così carico di insidie.