La novità sul caso Diciotti – che resta sempre aperto fin quando il Ministro Salvini rimarrà indagato per sequestro di persona aggravato – è di quelle fragorose: secondo fonti dell’Ansa, il Tribunale dei Ministri starebbe cercando di capire e ricostruire la catena di comando che ha agito “dietro” la nave della Guardia Costiera che in agosto ha soccorso 173 migranti alla deriva vicino alle coste siciliane. Ebbene, non vi sarebbe stato «Nessun ordine formale venne impartito per il blocco della nave Diciotti e per lo sbarco, dopo dieci giorni, dei migranti soccorsi ad agosto nelle acque di Malta». Secondo il Pm di Agrigento Patronaggio, che indaga contro il Ministro degli Interni, quanto scoperto oggi non significa per forza che «non sia possibile risalire alle responsabilità anche gerarchiche di un ordine illegittimo per quanto non impartito nelle forme dovute oppure soltanto adombrato». Resta però il dato che, ad oggi, non si riuscirebbe a risalire con certezza a chi avrebbe dato l’ordine effettivo di fermare lo sbarco iniziale dei migranti, per non parlare del trasferimento poi verso il porto di Catania.



DICIOTTI, IL NODO DELLA COMPETENZA

Per questo il pm siciliano ha chiesto tribunale dei ministri – presieduto da Fabio Pilato – di sentire tutti i soggetti riconducibili alla catena di comando a partire, in primis, dal comandante della Diciotti Massimo Kothmeir. Tra i soggetti da sentire al più presto ci sarebbe anche il capo di gabinetto di Salvini, Matteo Piantedosi, che la stessa procura di Agrigento aveva qualificato come indagato, scontrandosi con quella di Palermo che invece lo ritiene un semplice teste. Secondo l’Ansa, gli altri soggetti da sentire sarebbero anche «il responsabile dell’ufficio circondariale marittimo di Lampedusa; il capo del Dipartimento delle libertà civili, Gerarda Pantalone, e il suo vice Bruno Corda», oltre ai comandanti delle capitanerie di porto di Porto Empedocle e di Catania. Insomma, prima di sentire l’unico indagato finora – il Ministro Salvini – il tribunale dei Ministri vuole esaminare a fondo le carte per sciogliere il “nodo della competenza”, decisivo per capire chi e come dovrà indagare sulle prove finora trasferite al Tribunale dei Ministri centrale. «Resterebbe a Palermo se fosse dimostrato che il blocco dello sbarco è cominciato nelle acque di Lampedusa ma passerebbe a Catania se il trattenimento dei migranti a bordo fosse stato deciso dopo l’attracco in quel porto», spiega ancora l’Ansa. Salvini scagionato da questi “ritardi” e dalla mancanza di una linea chiara di comando? Per ora non si può dire ovviamente con certezza, ma di certo il Ministro della Lega è pronto a giocare tutte le sue carte per dimostrare la totale legalità delle sue azioni da titolare del Viminale.

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