Il royal wedding all’italiana esonda. Anche se non ne sai nulla, i 14 milioni di follower su Instagram della Ferragni e i 6 milioni del rapper costringono tutti a sapere qualcosa. E a prendere posizione. Si va dal deputato dem Michele Anzaldi che presenta una interrogazione ai ministri delle Finanze e delle Infrastrutture chiedendo di stigmatizzare la sponsorizzazione di Alitalia, a  Gianluigi Nuzzi che chiama “plotoni di rosicone e di rosiconi” chi si lamenta dei “Ferragnez”. Io cerco le parole per dirlo perché da una parte vorrei essere felice, perché in fin dei conti qui ci sono due che si sposano, dall’altra ripenso al pianto di poco fa di una madre disperata perché la figlia, che non trova lavoro, non può coronare il suo sogno d’amore con il fidanzato con cui sta da tredici anni. 



C’è qualcosa di evidente che mi sfugge. Le canzoni di Fedez mi piacciono ma non mi piace che pochi mesi fa, per dire che il figlio sarebbe rimasto senza sacramenti, disse che l’avrebbe fatto battezzare “il 30 febbraio”. Chi batté l’agenzia non capì la battuta e per ore la notizia fu il battesimo di “Leoncino”, con successiva smentita e ridda di polemiche. Un errore? Non credo: quelli li facciamo noi, gente normale. A me sembrò solo un’ennesima trovata pubblicitaria ben riuscita. 



Se di Fedez non disdegno il rap, di Chiara mi piace altro (non sono solo, guardate Instagram). Ma tutto ciò basta? Mentre mi aggiro sul web alla ricerca delle parole giuste, mi imbatto, mistero degli algoritmi, su uno spezzone di Quelle brave ragazze, Rai1, giugno scorso, argomento Fabrizio Corona. Qualcuno osserva che dobbiamo passare dal personaggio alla persona, mostrare ai nostri giovani non solo personaggi ma anche persone: e per diventare persone bisogna costruirsi delle personalità, cioè qualcosa che è frutto di lavoro, impegno, identità, qualcosa insomma che non sia soltanto “un personaggio”. 



Forse questo è il punto, anche se con Fedez e Ferragni la droga e il carcere non c’entrano nulla. Il problema non è essere “un personaggio”: il punto è se dietro quel “personaggio” c’è una persona, cioè c’è una personalità, o c’è soltanto apparenza: il Papa è un personaggio perché è una persona, i Ferragnez perché sono personaggi? Il sospetto che siano solo bravissimi nell’apparire, viene. Viene perché Matilda, il cane della coppia, ha un proprio account con 297mila follower. Viene perché Leoncino, il figlio Leone, aveva già il suo profilo Instagram quando stava nella placenta. E Fedez non può dire, come ha fatto, che l’esposizione mediatica del figlio di una coppia famosa “è inevitabile”: ci sono tantissimi esempi, dai vip italiani alle star di Hollywood, che proteggono la propria privacy: per fare un esempio recentissimo, c’è qualcuno che abbia capito di cosa è morto Marchionne e dove e come si siano svolti i funerali?

Allora fermiamoci a pensare. Non si tratta di dividersi in rosiconi o poraccioni ma di chiedersi perché mi preoccupo se mia figlia di 12 anni mi svela che da grande vuol fare “la influencer”. Che, sono convinto, nel caso di Chiara Ferragni, sia una professione estremamente sofisticata e faticosissima, ma che nel parlare comune vuol solo dire fare spettacolo di ogni cosa, trasformare la propria vita in un mercato dove sbandierare quello che non si è.