Ogni anno, sono decine i casi di suicidio o tentato suicidio per motivi economici registrati dall’Osservatorio Suicidi per motivazioni economiche della Link Campus University che ogni sei mesi monitora il numero di vittime aggiornando il triste registro delle morti volontarie. Dal 2012 ad oggi il dato è allarmante: si parla infatti di quasi mille – precisamente 937 – casi di suicidio mentre 661 sono coloro che hanno tentato di togliersi la vita. Nell’ultimo anno, il dato sembra preoccupare ancora di più per via di un aumento importante: solo nei primi sei mesi del 2018 sono stati 59 i suicidi per motivi economici (rispetto ai 47 dello stesso periodo del 2017) e 53 i tentati suicidi. Di fronte a simili dati, l’Osservatorio non si è limitato solo a monitorare come da tradizione l’andamento annuale ma ha intravisto una vera e propria emergenza sociale che ha reso necessario un intervento. Per questo ha dato vita ad una iniziativa che ha coinvolto vari enti ed associazioni e che in questi anni hanno supportato in diversi modi imprenditori, disoccupati e precari, dando loro sostegno psicologico al fine di evitare nuovi drammatici casi. All’inizio del monitoraggio dell’Osservatorio, il 50% circa di coloro che si suicidavano per motivazioni economiche erano quasi tutti imprenditori. Oggi però c’è stato un cambio di tendenza con una maggiore esposizione di disoccupati e di coloro che pur avendo un lavoro si trovano in una posizione di precariato lavorativo e/o economico.
SUICIDI PER MOTIVI ECONOMICI: I DATI ALLARMANTI
Nella lista delle vittima da suicidio per motivazioni economiche non vanno dimenticati poi i pensionati impossibilitati a compiere le normali spese quotidiane e che vedono proprio in questo gesto estremo la sola via di uscita. Le percentuali, dunque, dal 2012 ad oggi sono mutate e gli imprenditori che decidono di togliersi la vita sono il 40.7% del totale, seguiti dal 37.3% di disoccupati mentre il 20.3% riguarda lavoratori o collaboratori di aziende, dato questo in crescita rispetto allo scorso anno. L’area d’Italia maggiormente colpita resta il Nord-est con il 25.2% dei casi dal 2012 ad oggi, mentre il 24% riguarda il Sud, il 19.3% il Nord Ovest e il 10.4% le Isole. A preoccupare però, nei primi sei mesi del 2018 è la crescita di casi al Sud, mentre a detenere il triste record resta il Veneto con le province di Padova, Venezia e Treviso, seguito dalla Campania con Napoli e Salerno in testa. La fascia di età maggiormente coinvolta invece è quella dei 45-54 anni, ma a preoccupare è la percentuale che riguarda i più giovani.