Sabato prossimo, a “Verissimo”, Lory Del Santo racconterà a Silvia Toffanin che un mese fa, a 19 anni, suo figlio Loren si è tolto la vita. Dopo essersi chiusa per trenta giorni in un assoluto riserbo, la show girl di 58 anni — che ha avuto storie importanti con personaggi quali Gianni Agnelli ed Eric Clapton — ha deciso di raccontare tutto il suo lutto. E non solo. Ha deciso anche di partecipare al “Grande Fratello Vip” spiegando che per lei potrebbe essere una sorta di terapia.



La Del Santo era già stata colpita dalla tragedia della morte di un figlio. Le era accaduto con Conor, il bambino avuto con il mitico Eric Clapton, morto a cinque anni nel 1991, cadendo da una finestra del 53esimo piano di un grattacelo di New York.

Nella puntata di sabato, quando la Toffanin pone Lory Del Santo di fronte alla criticità della sua scelta, lei risponde: “Avevo firmato per partecipare. Dopo quanto accaduto, d’accordo con Mediaset, avevo deciso di rinunciare. Oggi ho chiesto di fare lo stesso questa esperienza. Credo che la Casa del Grande Fratello sia l’unico posto in cui possa sentirmi protetta. Potrebbe essere una terapia. Il fatto che ci sia un confessionale, per parlare in ogni momento con qualcuno, può farmi bene”.



È facile chiudere la Del Santo nello stereotipo della “starlette” futile e superficiale, ma in realtà buttarsi a capofitto nel lavoro quando si è di fronte a un dolore immenso e inspiegabile è una via di fuga che imbocchiamo in molti. In genere però si tratta di professioni comuni, rispettabili, non eccentriche e nessuno di noi biasima quella scelta. Dovremmo dunque capire che uccidere il dolore della morte di un altro figlio partecipando a un reality, facendo cioè quello che si sa fare, è in certi casi l’unico modo per sopravvivere. Non sempre teniamo conto a sufficienza di chi sia “un personaggio”. Un personaggio pubblico non è pubblico solo perché sta sotto i riflettori, è “pubblico” perché è amato dal pubblico. È vero che davanti alle telecamere ci vai con un velo di cerone, ma l’occhio di chi guarda la televisione va oltre trucco e parrucco, anzi, “trucco e parrucco” servono proprio per appianare le piccole irregolarità del viso che potrebbero distrarre dal guardare ciò che conta. Che non sono le imperfezioni ma gli occhi, il sorriso, le mani, la postura del corpo. Si guarda distrattamente allo schermo, si sfoglia dal barbiere la rivista che ti vergogni di comprare, ma la sensazione arriva immediata. Tutti noi, consapevoli o meno, abbiamo dentro di noi un angolo dove ci rifugiamo a ricaricare le batterie. Lì accumuliamo le nostre cose, ci sono i nostri oggetti cari. Noi ci mettiamo comodi in poltrona, allunghiamo le gambe e appoggiamo la schiena secondo dei rituali precisi, e allora nascono i ricordi. Arrivano — immateriali — delle persone. Quelle che amiamo e anche quelle che odiamo, le persone simpatiche e quelle antipatiche. Perché amore ed odio, simpatia ed antipatia, sono strettamente collegati. Gli autori televisivi — tutti, anche quelli del “Grande Fratello Vip” — sanno benissimo che i “personaggi televisivi” non vengono guardati solo dai fan: sono cercati anche da quelli che non li sopportano, gli haters. Perché il denominatore comune dei personaggi non è l’essere amati ma attirare l’attenzione. Chi finisce per una volta (magari per sbaglio) su un set televisivo o su una pagina patinata che lascia indifferenti, non ci tornerà più. Punto. Fine della storia. E invece Lory Del Santo è una di quelle persone che catalizzano, coscientemente o no, valori, disvalori, desideri, concezioni del bene e del male che interpellano davvero tante persone. E queste persone qualsiasi saranno la sterminata platea che guarderà il GF Vip. Gente qualunque, gente con grandi dolori come quello della morte di un figlio. Gente che ammazzerebbe il proprio dolore soffocandosi di lavoro come farà Lory: nel caso degli spettatori sarà il lavoro dell’impiegato, dell’operaio qualsiasi, o del centralinista; nel caso della Del Santo sarà quello del GF Vip. Ma c’è poi tutta questa differenza?