Sempre a Vatican News, il direttore di Civiltà Cattolica ha voluto spiegare come non sia un “caso” che questo processo di riavvicinamento (comunque iniziato dai due precedenti Pontefici) sia arrivato con un Papa gesuita. «Per noi Gesuiti questo accordo significa tanto perché noi diciamo che nel cuore di ogni Gesuita c’è la Cina. Matteo Ricci è un uomo che si è formato alla cultura rinascimentale e, assorbendo la cultura europea, ha deciso di andare in Cina e questo – proprio la sua formazione – gli ha permesso di dialogare con la cultura di questo grande Paese: se ne è innamorato, l’ha assorbita», spiega Padre Antonio Spadaro. Non solo, i Gesuiti per il consigliere di Papa Bergoglio non hanno voluto evangelizzare in maniera “integralista” o come missione culturale, «c’è la voglia di incontrare un popolo e le sue idee. Mi ha molto colpito anche che il Global Times, che è un giornale ufficiale cinese, proprio nel giorno dell’Accordo siglato tra Cina e Santa Sede, abbia definito Papa Francesco “il primo Papa Gesuita” e lo abbia collegato direttamente a Matteo Ricci dicendo che quest’uomo, come il suo predecessore, aveva un rapporto e ha un rapporto molto flessibile e dinamico per l’evangelizzazione, capace di amare il suo popolo. Questo mi ha colpito perché questo esattamente è il senso dell’Accordo: costruire una fiducia, amare un popolo». (agg. di Niccolò Magnani)
DIVISIONE TRA FEDE E POLITICA: IL FOCUS
In una intervista esclusiva al nostro quotidiano, il professore sinologo e senior researcher di studi europei alla Renmin University of China Francesco Sisci considera l’importanza della divisione – per la prima volta nella storia recente – di politica e fede all’interno del Governo cinese comunista. Uno degli aspetti più rilevanti dell’accordo infatti, sottolinea l’osservatore privilegiato sulla vicenda cinese, «è l’ammissione di un principio di divisione tra politica e religione. E’ la prima volta che ciò avviene in Cina». Ma non c’è solo questo: ancora il professor Sisci ci racconta come «Nel bene o nel male la chiesa cattolica rappresenta anche la continuità di una storia millenaria dell’occidente, mentre il partito comunista cinese è la continuità di tremila anni di storia della Cina. Con questo accordo per la prima volta le storie di queste due civiltà si incontrano in maniera culturale, da pari, senza la forza delle armi o la piccola mediazione dello scambio commerciale». (agg. di Niccolò Magnani) QUI L’INTERVISTA INTEGRALE A FRANCESCO SISCI
P. SPADARO: “SEGNO DI SPERANZA E DI PACE”
Da un lato il Cardinale Zen, dall’altro Padre Antonio Spadaro: importanti membri della Chiesa si ritrovano “divisi” di fronte all’accordo storico e controverso firmato tra Cina e Vaticano. Il direttore dei Civiltà Cattolica nonché fidato consigliere di Papa Francesco ha spiegato che – al netto di tutti i problemi che una forza anti-democratica come il partito comunista cinese potrà ancora creare alla libertà religiosa e in particolare alla Chiesa cattolica – «Non ci sono altri obiettivi in questo Accordo – spiega padre Spadaro – le sfide fondamentali sono sfide di carattere pastorale; c’è bisogno, oggi, di annunciare il Vangelo e probabilmente, se vogliamo, questo accordo sarà anche un segno, un segno di speranza, un segno di pace in un mondo in cui continuano a costruirsi muri, specialmente tra Occidente e Oriente». Secondo il direttore di Civiltà Cattolica, con questo passo si “completa” un processo durato da molto tempo, «iniziato da Giovanni Paolo II, di legalizzazione, cioè di riammissione alla comunione con il Papa, di vescovi che sono stati ordinati illegalmente, illecitamente, quindi ordinati dal governo senza il mandato pontificio». (agg. di Niccolò Magnani)
CARDINALE ZEN: “OBBEDIRE SENZA SAPERE PERCHÈ”
Le critiche, anche interne alla stessa Chiesa Cattolica, non sono certo minime dopo lo storico accordo tra Cina e Vaticano: su tutti, il Cardinale Joseph Zen che da primate emerito di Hong Kong invia una nota ad Asia News molto aspra contro la firma cinese. «Il comunicato tanto atteso dalla Santa Sede è un capolavoro, dire niente con tante parole»: è durissimo il Vescovo emerito contro la diplomazia vaticana che si pone il problema, profondo, dei fedeli cinesi per gli anni a venire. «Dice che l’accordo è provvisorio, senza dire la durata della sua validità; dice che prevede valutazioni periodiche, senza dire quando sarà la prima scadenza», scrive ancora Zen, non prima di sottolineare «Tutto il comunicato si reduce a queste parole: C’è stata la firma di un accordo tra la Santa Sede e la Repubblica popolare cinese sulla nomina dei vescovi’. Tutto il resto sono parole senza senso. Allora quale messaggio la Santa Sede intende mandare ai fedeli in Cina con questo comunicato? ‘Abbiate fiducia in noi, accettate quel che abbiamo deciso’(?)» si chiede amaramente il Cardinale. In ultima analisi, Joseph Zen chiosa «cosa dirà il governo ai cattolici in Cina? ‘Obbedite a noi, la Santa Sede è già d’accordo con noi’(?). Accettare ed obbedire senza sapere che cosa si deve accettare, in che cosa si deve obbedire? Una obbedienza ‘tamquam cadaver’ nel linguaggio di Sant’Ignazio?».
SPERANZE MA NO TRIONFALISMI
Secondo Agostino Giovagnoli nel suo editoriale sull’Avvenire, dopo l’accordo sui vescovi a Pechino bisogna evitare i trionfalismi anche se dopo la tregua del partito comunista sulla Chiesa Cattolica qualche speranza in più è lecita averla. «Sappiamo con certezza che con questo accordo la Santa Sede ha tenuto fermi i principi dottrinali indicati, nella Lettera ai cattolici cinesi del 2007, da Benedetto XVI, rispetto al quale Francesco si è mosso in piena continuità», scrive Giovagnoli che tiene giustamente a precisare che non è detto che la Cina d’ora in poi terrà fede a tali accordi. Non solo, se quel metodo di apertura a Pechino potrà funzionare o meno: restano infatti molte incognite, dal trattamento dei prigionieri fino agli attacchi stessi contro la libertà religiosa e la professione di fede dei consacrati cattolici. Insomma, i problemi sono tanti e non si risolvono certo in un “mero” accordo: «oggi è diventato però più possibile sperare che tale intesa favorisca un fecondo e lungimirante percorso di dialogo istituzionale e contribuisca positivamente alla vita della Chiesa cattolica in Cina, al bene del popolo cinese e alla pace nel mondo», conclude il comunicato vaticano. (agg. di Niccolò Magnani)
ACCORDO VATICANO-CINA SULLA NOMINA CONDIVISA DEI VESCOVI
Un accordo definito storico da più parti è stato raggiunto tra il Vaticano e la Cina: la Santa Sede ha infatti comunicato di aver raggiunto con il governo di Pechino, dopo anni di tira e molla, un’intesa provvisoria che prevede la nomina condivisa dei vescovi. Si tratta di un evento senza precedenti considerando che la Cina, come ricorda Il Post, ha perseguitato i cattolici per decenni, consentendo l’espressione del culto soltanto all’interno della cosiddetta Associazione Patriottica, un’organizzazione controllata dallo stato centrale e che nulla ha a che vedere con la cosiddetta Chiesa “sotterranea”, cio è quella clandestina legata invece al Vaticano. Nonostante le persecuzioni perpetrate in questi anni, si conta che in Cina vi siano 12 milioni di cattolici: metà di questi frequenta le chiese e i circoli dell’Associazione Patriottica, i cui capi sono sette vescovi nominati dal governo di Pechino e che in nessun senso sono riconducibili al Vaticano. A guidare la Chiesa sotterranea sono almeno due vescovi “clandestini” nominati dalla Santa Sede costretti a fare i conti con i controlli frequenti della polizia e le restrizioni imposte dal governo.
BURKE, “INIZIO DI UN PROCESSO”
Nel documento diramato dal Vaticano si legge: “Nel quadro dei contatti tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese, che sono in corso da tempo per trattare questioni ecclesiali di comune interesse e per promuovere ulteriori rapporti di intesa, oggi, 22 settembre 2018, si è svolta a Pechino una riunione tra monsignor Antoine Camilleri, Sotto-Segretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati, e Wang Chao, Viceministro degli Affari Esteri della Repubblica Popolare Cinese, rispettivamente Capi delle Delegazioni vaticana e cinese”. Il comunicato prosegue: “Nel contesto di tale incontro, i due rappresentanti hanno firmato un Accordo Provvisorio sulla nomina dei vescovi“. Ma cosa prevede di preciso l’Accordo in questione? In questo senso il comunicato del Vaticano è (forse volutamente) molto vago:”Esso tratta della nomina dei Vescovi, questione di grande rilievo per la vita della Chiesa, e crea le condizioni per una più ampia collaborazione a livello bilaterale. È auspicio condiviso che tale intesa favorisca un fecondo e lungimirante percorso di dialogo istituzionale e contribuisca positivamente alla vita della Chiesa cattolica in Cina, al bene del Popolo cinese e alla pace nel mondo“. Non è dato sapere, dunque, cosa sarà dei vescovi in carica delle rispettive congreghe. Greg Burke, il capo della comunicazione del Vaticano, come riporta Il Post, ha spiegato che l’accordo firmato oggi “non è la fine, ma l’inizio di un processo”.