Mario Ciancio Sanfilippo “socio di Cosa Nostra”: guai giudiziari per l’editore siciliano, direttore del quotidiano La Sicilia e di una serie di televisioni locali. Il Tribunale di Catania lunedì ha emesso un decreto con l’ordine di sequestrare beni per un valore di circa 150 milioni di euro, con Ciancio finito a processo nel 2017 per concorso esterno all’associazione mafiosa. L’editore ha affermato di essere innocente, con i beni “frutto del lavoro”, ma secondo la giustizia era un socio dell’organizzazione criminale. Sulla vicenda è intervenuto il governatore Nello Musumeci: “Seguo con preoccupazione la vicenda che vede protagonista il quotidiano La Sicilia e le emittenti televisive Antenna Sicilia e Telecolor, riferimenti storici nel panorama del giornalismo isolano. Ai loro dipendenti, ai giornalisti innanzitutto, la solidarietà del mio governo e l’augurio di continuare a lavorare in un clima di serenità e di autonomia. Qualunque sarà l’esito del procedimento, per il quale la fiducia nella magistratura è come sempre incondizionata, l’auspicio è che vi si pervenga presto”, le sue parole riportate da Meridio News.
CLAUDIO FAVA: RESTITUIAMO LA SICILIA AI GIORNALISTI
Come riportato da Il Fatto Quotidiano, sulla situazione di Mario Ciancio Sanfilippo è intervenuto il presidente della commissione Antimafia all’Assemblea regionale siciliana Claudio Fava: “Dopo l’arresto di Mussolini molti giornali che fino al giorno prima erano megafono del regime, vennero offerti a direttori che li trasformarono in quotidiani simbolo dell’antifascismo. Così può essere anche con La Sicilia“. Il candidato alle regionali nel 2017 ha poi aggiunto: “Il punto non è togliere un giornale all’editore accusato di contiguità. Il punto è restituirlo a siciliani e catanesi. Restituire a La Sicilia a una funzione limpida e autonoma di libera informazione. Può essere l’occasione per ribaltare la storia opaca e consociativa di quel giornale e della sua direzione. Al centro di un patto d’impunità siglato dal settore imprenditoriale con la politica e la mafia. Quel patto si manifestava essenzialmente con la rimozione della realtà. D’altra parte oggi non ho sentito alcun politico di alcun colore commentare quello che è un caso inedito: il sequestro per motivi legati alla mafia di un impero editoriale”.