È un mistero infinito, la libertà umana. Ero rimasto senza fiato, quando avevo letto il post di Antoine Leiris, che nell’assalto al Bataclan aveva perso la moglie, Hélène, e aveva scritto ai suoi assassini: “Non avrete il mio odio”. Mi era subito venuto in mente un passaggio di Hannah Arendt che amo follemente. “La redenzione possibile dall’aporia dell’irreversibilità è nella facoltà di perdonare — scrive in Vita activa —. Diversamente dalla vendetta, che è la naturale, automatica reazione alla trasgressione, l’atto del perdonare non può mai essere previsto; è la sola reazione che agisca in maniera inaspettata e che quindi ha in sé, pur essendo una reazione, qualcosa del carattere originale dell’azione. Perdonare, in altre parole, è la sola reazione, che non si limita a re-agire, ma agisce in maniera nuova e inaspettata”.
Il perdono è un modo per dire “io”, per dire “non accetto di fare quel che tu vorresti che io facessi, di essere ridotto a quel che tu vorresti che io fossi. Io sono io, e decido io”. Ovvero, io sono libero. Ci sentivo dentro l’eco — anche se so bene che Leiris è laico, laicissimo — del suggerimento impossibile di Gesù: “A chi ti colpisce su una guancia, porgi anche l’altra”. Che è laico, laicissimo. Perché non vuol dire “sii imbelle”, ma: “guarda che sei libero, che in ogni circostanza puoi sempre decidere tu che cosa fare, chi essere”.
Forse per questo mi ha colpito con tanta forza la notizia dell’intervista a Patrick Jardin, che al Bataclan ha perso una figlia. Ha più o meno la mia età, Patrick Jardin, e sua figlia aveva l’età che ha la mia adesso. Che cosa avrei fatto, che cosa farei io al suo posto? Non voglio dare facili risposte, bisogna essere dentro a una situazione per giudicare. La risposta di Jardin — se capisco bene — non è una semplice reazione viscerale, immediata. Anche Jardin ci ha pensato, ha giudicato. Ha deciso che la risposta giusta a quel che gli è capitato è l’odio. Per combinazione, la notizia mi arriva mentre sto lavorando su quell’inno alla libertà umana che è il Purgatorio di Dante, proprio sui canti centrali in cui accanitamente mette a tema la libertà. “Lume v’è dato a bene e a malizia, — scrive Dante — e libero voler”; “Onde, poniam che di necessitate/ surga ogne amor che dentro a voi s’accende,/ di ritenerlo è in voi la podestate”. Che vuol dire: anche se la nascita di un sentimento non dipende da voi, poi sta in voi giudicarlo, accettarlo o rifiutarlo.
Ma, appunto, è una questione di libertà. Sarebbe meccanico dire: Leiris ha fatto bene, Jardin sbaglia. Chi sa quali sentimenti, quale storia, quali riferimenti abitano nell’animo di Jardin? Ciascuno ha giocato quel che lo fa uomo, la sua libertà. Davvero, è un mistero infinito, la libertà umana. E con infinito rispetto, credo, va guardata.