“In quest’epoca di matti ci mancavano gli idioti dell’orrore!” cantava Franco Battiato. Oggi potremmo dire che, in quest’Italia di chi spara le baggianate e le irrealizzabili trovate propagandistiche più grosse, non poteva mancare il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris.

Le tre proposte lanciate su Facebook dal primo cittadino partenopeo sono le classiche boutades da bar dello sport, che poco si addicono a chi ricopre un ruolo istituzionale. Ma nel bailamme della politica orientata ai “mi piace” ottenuti sui social media e a qualche minuto di visibilità mediatica, tutto fa brodo.



“Approveremo tre delibere — ha scritto de Magistris —. La prima. Napoli Città Autonoma, un manifesto politico concreto sull’autonomia della Città. La seconda. Cancellazione del debito ingiusto. Il debito contratto dallo Stato, in particolare nelle gestioni commissariali post-terremoto ed emergenza rifiuti, noi non lo riconosciamo. Lo cancelliamo dal nostro bilancio. …. La terza. Realizzazione di una moneta aggiuntiva all’euro per dare forza a Partenope”.



Pleonastica la prima delibera, almeno fin quando non la leggeremo, a meno che non contenga contenuti “sovversivi” paradossali per chi fa continuo riferimento alla Costituzione. Cosa significa Città Autonoma? Un ordinamento stile quello della regione catalana o trattenere le proprie tasse, come vorrebbero fare Veneto e Lombardia secondo la lettura che si dà al Sud dei percorsi di autonomia avviati da queste due Regioni? Sicuramente né in un caso né nell’altro, Napoli avrebbe alcunché da guadagnarci.

La cancellazione, per via di autodeterminazione, del debito ricorda piuttosto le rivendicazioni di qualche piccolo Stato sudamericano o africano: il debito è ingiusto e non lo pago. Forse legittima, almeno eticamente, quando il debito è stato imposto da Stati sfruttatori delle risorse naturali a costo zero e da guerrafondai che hanno beneficiato del debito prodotto vendendo armamenti: con tutta la fantasia possibile, non ci sembra il caso di Napoli.



Ma la proposta più esilarante è sicuramente l’ultima, quella della moneta partenopea da affiancare all’euro. Una proposta non nuova, per la verità. Ne esiste qualche esempio in Sardegna e in piccole località italiane. Ci pensò anche Virginia Raggi, durante la campagna elettorale che la portò ad essere sindaco di Roma. Legandola alla moneta ufficiale serve solo a far aumentare la liquidità virtuale nella zona in cui è utilizzata. In città dalle dimensioni di Napoli o di Roma il rischio più concreto è quello di ridurre ulteriormente i pagamenti tracciati e quindi favorire evasione e riciclaggio. Davvero un ottimo risultato per chi predica la legalità e pretende di esserne un paladino.

Ha ragione de Magistris quando dice che la questione meridionale lo Stato centrale non è riuscito a risolverla e non può risolverla, ma le sue geniali trovate propagandiste avrebbero in realtà l’effetto contrario. Ci sono movimenti meridionalisti al Sud che cercano di proporre qualche soluzione più equilibrata e percorribile. Un esempio è la cosiddetta “clausola 34”, che ipotizza un livello di spesa pubblica per investimenti nel Mezzogiorno pari al 34 per cento, ovvero alla percentuale di popolazione presente nelle regioni interessate; una clausola già inserita in un decreto del 2017, ma in realtà mai attuata. 

L’idea del guascone sindaco di Napoli di mettersi alla testa di un movimento autonomista, imitando il suo apparente nemico Matteo Salvini, avrà come eterogenesi dei fini quella di bloccare qualsiasi capacità di contrattazione da parte del Sud. Le risposte più piccate gliele hanno date gli stessi napoletani, commentando il suo post. Oltre a quelle in cui si lamentano dell’abbandono delle periferie, dei due miliardi già destinati a Napoli per ripianare i debiti, una diceva: “Esci da questo blog Giggì… non sai manco tu che vuoi fare… il “comunista”, il liberale, il rivoluzionario, mò pure il neo borbonico e il leghista (a modo tuo…)”.