Antonella Leardi ripercorre a Domenica in i tragici momenti in cui ha capito che suo figlio Ciro Esposito sarebbe morto. “Gli hanno fatto la tracheotomia, lui era lucido, ci siamo detti tutto, ci siamo detti amore tra mamma e figlio, ci siamo guardati così tanto negli occhi, era da tanto tempo. Quando i figli diventano grandi – continua l’ospite di Mara Venier – la casa diventa un ostello (…) Ciro era un uomo, non era più un ragazzo e quei giorni cvi siamo amati, amati come quando lui era piccolo”. Oggi, però, la Leardi ha scelto di perdonare: “Il mio cuore è libero da odio e ho perdonato, il perdono mi dà la forza di sopravvivere alla morte di mio figlio, cerco di non pensarci, di non pensare”, anche se ricorda: “Quando un figlio viene strappato alla vita fa sempre male”. Oggi, conferma l’ospite nel salotto di Mara Venier, “tutti soffriamo la mancanza di Ciro, è terribile, portava ovunque positività, profumava di vita”. (Agg. di Fabiola Iuliano)

UCCISO NEGLI SCONTRI

Antonella Leardi, mamma di Ciro Esposito, nelle passate settimane ha potuto rivivere lo stesso grande dolore già vissuto il 3 maggio 2014. In questa data, infatti, il giovane figlio, tifoso partenopeo, fu colpito da un proiettile esploso dalla pistola di alcuni ultras poco prima della finale di Coppa Italia che si disputava tra Fiorentina e Napoli. Un episodio che rammenta molto quanto avvenuto di recente, in seguito ad un’altra morte simile, quella del giovane tifoso nerazzurro, Daniele Belardinelli, rimasto ucciso negli scontri Inter-Napoli dello scorso 26 dicembre. La donna sarà ospite oggi nella puntata di Domenica In durante la quale si racconterà al cospetto di Mara Venier, rivivendo insieme a lei ed agli spettatori di Raiuno il dolore che solo una madre può provare in seguito alla morte violenta di un figlio. Ciro Esposito venne ferito gravemente da un colpo di pistola al torace durante un assalto al pullman di tifosi del Napoli avvenuto nella zona di viale di Tor di Quinto a Roma, nel pre-partita della finale di Coppa Italia 2014. Il giovane morì dopo 53 giorni di agonia presso il Policlinico Gemelli dove fu prontamente trasportato dopo il ferimento.

Lo scorso settembre, la Cassazione si è espressa nell’ambito del processo che vedeva imputato Daniele De Santis mettendo fine al lungo capitolo giudiziario e confermando la condanna a 16 anni di reclusione nei confronti dell’ultrà romanista, ritenuto colpevole dell’omicidio di Ciro Esposito e respingendo così il ricorso della difesa dell’uomo contro il verdetto dell’Appello che già aveva provveduto a ridurgli la pena da 26 a 16 anni. In seguito alla conferma della condanna, come riporta il portale IamNaples.it, Antonella Leardi aveva commentato l’esito della vicenda: “Volevo la verità, e l’ho avuta: non mi interessa quanti anni si fa De Santis ma solo che siano state definite le sue responsabilità”.

ANTONELLA LEARDI, DOPO LA MORTE DI CIRO ESPOSITO IL SUO IMPEGNO

La ferita per Antonella Leardi è tornata a riaprirsi e sanguinare di recente, in seguito ai fatti avvenuti a Milano, in seguito alla morte di un altro tifoso, Daniele De Santis, che come il figlio Ciro Esposito si è ritrovato a fronteggiare un’ondata di violenza inaudita. La donna, come spiegato all’AdnKronos, si è detta “avvilita” e “sconvolta” per quanto accaduto in seguito agli scontri prima della partita Inter-Napoli che si sono conclusi con la morte di un tifoso. “Nonostante io e pochissime altre persone ci impegniamo moltissimo, il tema pare non interessi. Da parte dello Stato e di chi dovrebbe c’è poco interessamento, se non nullo, a tutelare le persone che come mio figlio sono andate allo stadio e non sono tornate.

Questo mi rende molto, molto perplessa. Si perdono quasi le forze…”, ha commentato la donna. Antonella Leardi, dopo la morte del figlio si è impegnata attivamente con la sua associazione “Ciro Vive” nel tentativo di trasmettere ai giovani i valori dello sport e i messaggi contro la violenza sia dentro che fuori gli stadi, in ricordo del figlio ucciso.

Nonostante il nuovo caso abbia il lei riaperto le ferite, la donna si è comunque detta desiderosa di proseguire nella sua battaglia: “La mia lotta continua. Mi impegno 365 giorni l’anno per dire ai giovani che la violenza non va usata in nessun modo e in nessuna maniera. Il mio, che non dovrei fare, lo faccio tutti i giorni, ma sinceramente in questi anni ho visto che l’interesse da parte dello Stato non c’è”. Già di recente la donna, ai microfoni di Si gonfia la rete, trasmissione in onda sulle frequenze di Radio Marte, aveva commentato: “Purtroppo non è cambiato nulla. Ogni persona dovrebbe mobilitarsi, lo Stato e il calcio non ha intenzione di cambiare in positivo…”.