Cesare Battisti è stato arrestato in Bolivia. Il terrorista è stato catturato mentre camminava per una strada di Santa Cruz de La Sierra, nell’entroterra del Paese sudamericano. E’ già in volo per l’Italia.
Battisti è stato assicurato alla giustizia: adesso che sia giustizia vera, cioè quella di un paese civile. Abbiamo bisogno di sapere che anche su questa terra c’è “una” giustizia ma, proprio per questo, abbiamo bisogno di sapere che è una giustizia vera. Lo dico perché di fronte a questo evento si leggono dichiarazioni che vanno da un estremo all’altro e sarebbe bello che il popolo italiano, insieme ai politici che lo rappresentano, desse fiducia alla giustizia, alla polizia, ai carabinieri, al sistema carcerario, cioè alle istituzioni. Proprio perché abbiamo bisogno di sapere che le istituzioni sono più forti del terrorismo abbiamo assoluta necessità di riposare sul fatto che ci sarà davvero giustizia.
Battisti era stato condannato in Italia a quattro ergastoli, era leader del Pac (Proletari armati per il comunismo) e per questo le sue fughe e le sue latitanze erano state protette e coccolate nel mondo (in Francia in particolare ma non solo) da un certo tipo di sinistra. Questa non è vera giustizia: questa è ingiustizia a favore di un’ideologia. Per capire cosa intendo è necessario avere chiaro di cosa è incolpato Battisti almeno riguardo al suo primo omicidio. Si tratta dell’uccisione del maresciallo degli agenti di custodia Antonio Santoro, commesso a Udine il 6 giugno 1978 ad opera dei terroristi del gruppo Proletari armati per il comunismo che ne rivendicò poi l’omicidio. Santoro era accusato dai Pac di maltrattamenti ai danni di detenuti, di abuso d’ufficio e di abuso di potere. Esecutore dell’omicidio fu Cesare Battisti, che venne condannato all’ergastolo. Pietro Mutti, collaboratore di giustizia ed ex-appartenente ai Pac, testimoniò che Battisti e Enrica Migliorati (anch’essa appartenente ai Pac) attesero la vittima davanti all’uscio di casa fingendosi fidanzati. Poi al sopraggiungere di Santoro, Battisti gli sparò alle spalle. Santoro ricevette la Medaglia d’oro e il 6 giugno 2007 fu intitolata a lui la nuova caserma della Polizia penitenziaria di Udine.
È stato profondamente ingiusto avere protetto un omicida di tale fatta, non averlo estradato, averlo trattato come un intellettuale e uno scrittore. Ora però piovono su di lui insulti sgangherati, che gli augurano “di crepare in galera con l’ergastolo”. L’ex direttore degli Affari di giustizia del ministero Raffaele Piccirillo, che seguì direttamente il caso del terrorista quando ministro della Giustizia era Andrea Orlando, spiega che non sarà possibile. “In Brasile non c’è l’ergastolo – ha dichiarato Piccirillo -, è vietato dalla Costituzione: per questo l’Italia si è impegnata per garantire che non sarà applicato a Battisti. Questo è frutto dell’accordo, della cosiddetta ‘condizione accettata’, concluso il 5 e 6 ottobre del 2017. Per cui a Battisti, una volta estradato, sarà applicata la pena massima di 30 anni. L’autorità che doveva concedere l’estradizione, ossia il Brasile, ha apposto la condizione legata all’ergastolo e il ministro della Giustizia l’ha accettata”.
È evidente che non si può da una parte applaudire al Brasile per la cattura di Battisti e poi tradire un patto con quel paese. L’Italia, che è già un paese sicuro, deve diventarlo ancor di più mantenendo la parola data, gli accordi. Io mi sento al sicuro se sono sicuro che quanto si stabilisce viene mantenuto. La cattura di Cesare Battisti potrebbe essere l’ultima pietra, la pietra tombale, di una storia, quella dell’Italia degli anni 70 che non esiste più. Non dobbiamo farla risorgere con verdetti insipienti dati dalla piazza, soprattutto se la piazza è quella dei social e di internet.