È cominciato oggi il processo in Corte d’Assise a Teramo per l’omicidio di Renata Raposelli, la pittrice 64enne di Giulianova scomparsa il 9 ottobre 2017 e ritrovata un mese dopo cadavere nelle campagne di Tolentino, in provincia di Macerata. In aula era presente solo il marito Giuseppe Santoleri, che nell’ottobre scorso aveva accusato il figlio Simone di aver ucciso la madre soffocandola. Entrambi però sono accusati dell’omicidio volontario e distruzione di cadavere in concorso. Il presidente della Corte d’Assise, Flavio Conciatori, ha respinto tutte le eccezioni preliminari avanzate dalla difesa, compresa l’opposizione alla costituzione di parte civile dell’Associazione Penelope Italia onlus sulle persone scomparse che si affianca a quella della figlia della vittima, Maria Chiara Santoleri. Respinta, come riportato da ChietiToday, anche l’eccezione sulla competenza territoriale del processo, sollevata dalla difesa di Simone Santoleri, che dovrebbe essere presente in aula nella prossima udienza, che si terrà il 21 febbraio.



OMICIDIO RENATA RAPPOSELLI, LA LETTERA DI SIMONE SANTOLERI

L’incontro tra padre e figlio dopo nove mesi dall’arresto era atteso da tutti, ma Simone Santoleri ha deciso di non presentarsi in tribunale. Una decisione non condivisa dagli avvocati e che è legata probabilmente proprio ai contrasti con il padre. Ma il figlio di Renata Rapposelli ha spiegato la sua scelta in una lettera. «Non capisco a cosa possa servire farmi fare più di quattro ore sbattuto in un furgone, in una piccola cella, senza poi poter dire nulla. Trovarsi di fronte gente che non conosco e quell’essere a cui ho salvato la vita e che invece mi ha condannato al carcere a vita (il padre, ndr). La mia sentenza è stata già scritta un anno fa: sarà ergastolo, e basta. Ormai mi hanno condannato dal primo giorno e adesso hanno anche il testimone oculare che cercavano. Assieme all’ergastolo mi daranno mesi di isolamento diurno, sarà allora che potrò porre fine davvero a tutto». Simone Santoleri annuncia dunque l’intenzione di suicidarsi: «Ho già lasciato detto che mi piacerebbe che il mio funerale lo celebrasse il parroco di qui, don Bruno, che è l’unico che mi ha dato conforto, e che i miei organi vengano donati in modo tale da essere più utile da morto che da vivo. Tutto qui, non ho altre richieste da fare».

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