Il caso di Cesare Battisti, con i suoi ultimi giorni da latitante, sarà affrontato questa sera nel corso della nuova puntata del programma Quarto Grado, in onda su Rete 4. Dallo scorso 13 gennaio, l’ex terrorista dei Pac non è più un uomo libero, dopo l’arresto in Bolivia. Ad aver permesso che ciò accadesse sono stati gli uomini dell’Interpool in collaborazione con gli agenti italiani. In particolare, ad aver giocato un ruolo decisivo è stata una donna, già ribattezzata come la superpoliziotta Cristina Villa la quale ha compreso l’importanza delle indagini sui dispositivi elettronici e in particolare sul cellulare di Battisti che alla fine lo avrebbe tradito. Attualmente Battisti si trova nel carcere di Oristano dopo il suo rientro in Italia atteso da 37 anni. Intanto, come spiegato dalla stessa Villa, le indagini su Battisti e sulla sua latitanza non si sono affatto concluse ma anzi procedono spedite al fine di individuare la rete di presunti fiancheggiatori che avrebbero protetto ed aiutato in modo significativo l’ex terrorista in tutti questi anni. A tal proposito, come riferisce il quotidiano Il Giorno, nei prossimi giorni la Digos di Milano invierà al capo del pool antiterrorismo della Procura milanese, Alberto Nobili, la relazione relativa alle indagini condotte nei mesi scorsi e che hanno portato alla cattura di Cesare Battisti. Questa relazione sarà certamente utile ai fini dell’inchiesta per favoreggiamento con la quale si tenta di individuare i possibili fiancheggiatori del terrorista dei Pac. Nella giornata di ieri il procuratore Alfonso ha incontrato il Questore di Milano, il dirigente della Digos e la stessa Villa insieme al pg Lamanna. Un’occasione per complimentarsi ancora una volta “con le donne e gli uomini della Polizia di Stato per questo brillantissimo risultato”.



CESARE BATTISTI, I MOMENTI DELLA CATTURA IN BOLIVIA

Mentre le indagini sui presunti fiancheggiatori di Cesare Battisti proseguono, è interessante ripercorrere gli ultimi istanti di latitanza dell’ex terrorista, da alcuni giorni rinchiuso nel carcere di Oristano. Se Cristina Villa è la donna italiana che ha permesso la cattura di Battisti, altrettanto degno è stato il lavoro di un agente boliviano che lo ha concretamente preso. L’agente, come riferisce Corriere.it, si trovava in auto con la figlia di pochi anni quando si è trovato di fronte il super ricercato. “Ho guardato intorno, c’erano due ragazzi in motocicletta, mi sono qualificato, ho ordinato di mettersi di traverso e bloccare il traffico. Quando li ho identificati, perché non potevo permettermi il lusso di sbagliare, e ho scoperto che erano colombiani, allora ho pensato: che idiota, sono due sicari che proteggono Battisti… Adesso uccidono me e poi mi uccideranno la bambina”. Fortunatamente si sbagliava e quei due uomini alla fine hanno eseguito i suoi ordini. A quel punto l’agente boliviano si è avvicinato a Battisti puntandogli la pistola in faccia con una pallottola già in canna. Dopo tre settimane di caccia, un tempo lunghissimo, gli uomini agli ordini del colonnello Paùl Saaveda sono riusciti nell’impresa. I boliviani sanno di aver messo in atto una grande impresa, ma come spiega uno della truppa, “per noi Battisti era un assassino da scovare. Punto. Non ci è mai interessato il resto: le coperture in Italia e Francia, le amicizie politiche, il movimento degli intellettuali… Quando uno ha ammazzato, non servono i dibattiti”. Dopo l’arresto Battisti avrebbe detto: “Benissimo, mi avete arrestato. Ma adesso, la mia questione diventerà una questione di Stato. Non più vostra”. Quell’aria di minaccia però, a detta della superpoliziotta italiana, sarebbe svanita con il suo arrivo in patria.

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