Caro direttore,
in un periodo in cui ogni cosa è pretesto per la polemica è facile lasciarsi trasportare da atteggiamenti di critica anche per banalità. Seguo anch’io l’onda, benché l’oggetto della riprovazione non mi sembri del tutto banale.
Tempo fa, scorrendo le pagine di Facebook, mi sono imbattuta in una cosa per me sorprendente: una donna postava sul suo profilo due ecografie del suo utero, complete di nome, cognome e data di nascita. Nelle pieghe di quelle immagini la sagoma del bambino che aspettava, all’alba della sua vita. So che è di moda, so che è in uso da parte delle celebrità, so che si trova sui social molto di peggio, ma quella scelta mi è parsa subito come un affronto alla maternità.
La signora in questione è, a giudicare dai suoi contatti, donna di molteplici interessi, impegnata nella difesa della vita e della famiglia, con contatti numerosi che spaziano dall’arte alla moda all’appartenenza a movimenti di spiritualità. Ma purtroppo tutta questa vivacità le ha impedito di tenere per sé la gioia dell’attesa di un figlio, tanto da affrettarsi subito a divulgare la notizia con un post dato in pasto a tutti. Inutile dire che come donna, anche se senza figli, mi è sembrata una sfacciataggine, una ostentazione di ciò che di solito si tiene ben celato all’interno dello stretto nucleo familiare. Mi sono chiesta che parte abbia avuto il padre di quel bambino, quale la sua reazione alla vista di quello squallore.
Fin qui il fatto e l’imbarazzo, per usare un eufemismo; poi viene, se mi si permette, qualche considerazione di carattere generale.
A parte il manifesto elettorale di molti anni fa contro l’aborto fatto ritirare perché raffigurava un feto (ma quella era una questione politica), non è forse vero che in televisione si oscurano le facce dei minori per tutelarli? E un piccolino quasi invisibile nell’utero di sua madre non deve godere della stessa tutela? In un mondo in cui si proclamano ad ogni piè sospinto i diritti di ogni categoria sociale, proprio i più deboli, quelli che non hanno voce non possono sottrarsi ad apparire ancor prima di nascere. Non è questa una delle tante aporie giuridiche e ancor prima umane da cui siamo vessati?
Di solito non si rivela la gravidanza se non dopo un tempo in cui vi sia la ragionevole speranza che essa sia portata felicemente a termine. Non è scaramanzia, è prudenza suggerita dal fatto che in nove mesi tante cose, anche dolorose, possono accadere. E’ come un pudore, una trepidazione, un’attesa condivisa che circondano la futura mamma.
Nel caso segnalato tutto ciò non appare, sostituito da due fredde immagini che mostrano senza veli viscere ed embrione, a disposizione di tutti, commentato con cuoricini e pupazzetti. E’ questa l’idea della grande famiglia, del grande pettegolezzo collettivo, dell’emotività che sostituisce il sentimento dell’amicizia e della discrezione? Nel caso in questione ci sarà stato anche altro, più tenero e più dolce, ma non voglio scostarmi dal tema di questo uso piuttosto raccapricciante di Facebook.
Ora il bambino è nato. Non c’è motivo, a mio parere, perché quelle ecografie improvvidamente postate restino sul profilo della madre. Mi auguro che, anche se tardivamente, vengano rimosse. Fatta salva, è ovvio, la libertà di tutti. Quella di postare e quella di duramente criticare.