La nuova intercettazione del comandante del Gruppo Napoli, Vincenzo Pascale, si aggiunge alle dichiarazioni del maresciallo Davide Antonio Speranza, in servizio presso la stazione del Quadraro, messe a verbale dopo la morte di Stefano Cucchi, parole che sottolineavano come gli fosse stato imposto di cestinare la prima nota di servizio redatta dopo l’arresto del 31enne romano. “Mandolini quando lesse la nota di servizio disse che non andava bene e che avrei dovuto cestinarla perché avremmo dovuto redigerne una seconda in sostituzione della prima. Il contenuto di tale annotazione fu dettato da Mandolini e lo scrissi io, alla presenza anche di Nicolardi, quindi stampammo e la firmammo a nostro nome. Ripensandoci a posteriori all’epoca peccai di ingenuità, perché mi fidai di Mandolini e Nicolardi che erano più anziani e avevano più esperienza di me.” (agg. di Fabio Belli)
“BISOGNA AVERE SPIRITO DI CORPO”
«Deve restare tranquillo, bisogna avere spirito di corpo, se c’è qualche collega in difficoltà lo dobbiamo aiutare». Così il carabiniere Vincenzo Pascale, comandante del Gruppo Napoli, al vicebrigadiere Mario Iorio, in servizio presso la stazione Vomero-Arenella di Napoli. Parole dette il 6 novembre scorso che Iorio aveva il compito di riferire al collega Ciro Grimaldi in vista della testimonianza di quest’ultimo al processo per la vicenda di Stefano Cucchi. Intanto Riccardo Casamassima, l’appuntato che con la sua deposizione ha riavviato l’inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi, ha sporto querela contro Giovanni Nistri, comandante generale dei carabinieri. «Buon giorno amici durante questo incontro tra il Ministro della Difesa, Ilaria Cucchi, il legale Fabio Anselmo e il Comandante Generale nei miei confronti sono state usate parole pesanti. Oggi ore 12.30 con i legali sono state depositate due denunce, una presso la procura militare, l’altra presso il tribunale ordinario di Roma. Massima fiducia nella magistratura. Il legale Serena A. Gasperini chiederà la testimonianza dei presenti», ha scritto su Facebook. (agg. di Silvana Palazzo)
STEFANO CUCCHI, CARABINIERE INTERCETTATO: “AIUTARE COLLEGHI IN DIFFICOLTÀ”
C’è una nuova intercettazione nel caso relativo alla morte di Stefano Cucchi che svela un tentativo di depistaggio. La trascrizione, contenuta in una nota della squadra mobile di Roma del 17 gennaio, è stata depositata agli atti dell’inchiesta coordinata dal pm Giovanni Musarò. «Bisogna avere spirito di corpo, se c’è qualche collega in difficoltà lo dobbiamo aiutare». Così ha parlato il comandante del Gruppo Napoli, Vincenzo Pascale, ad uno dei carabinieri sentiti a novembre dai pm che indagano sui depistaggi del caso di Stefano Cucchi. Ma questa è solo una parte dell’intercettazione depositata alla Procura di Roma. Per chi indaga quelle parole, pronunciate da un ufficiale dell’Arma il 6 novembre scorso e rivolte ad un ulteriore sottoposto che doveva essere ascoltato in aula, potrebbero essere indice della volontà di condizionare gli accertamenti. I tentativi di depistare le indagini su Cucchi non si sono fermati all’inchiesta aperta dopo la morte del geometra romano, ma sono continuati anche dopo la denuncia del carabiniere Francesco Tedesco che ha dato una svolta al processo in corso a Roma.
PRESSIONI E DEPISTAGGI
Le parole intercettate erano rivolte ad un carabiniere chiamato a testimoniare in aula nelle settimane successive. Salito sul banco dei testimoni, il militare – secondo quanto riportato dal Fatto Quotidiano – cercò effettivamente di smussare la sua deposizione ma poi tornò sui suoi passi confermando la versione fornita a verbale, dopo le contestazioni del pm Giovanni Musarò che era al corrente della conversazione intercettata. Questa conversazione fa parte dell’inchiesta in corso sui depistaggi del caso Cucchi. Gli inquirenti ritengono che i carabinieri del comando provincia di Roma ebbero la possibilità di acquisire il registro del fotosegnalamento relativo alla sera dell’arresto di Cucchi. C’erano gli elementi per ipotizzare come quel registro venne sbianchettato per cancellare le tracce dell’operazione durante la quale avvenne forse il pestaggio del geometra. I carabinieri evitarono di acquisirlo per consegnarlo alla magistratura. Ma per la Procura di Roma quel documento è una delle prove principali nel processo che vede alla sbarra, oltre a Tedesco, anche i militari Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, accusati di omicidio preterintenzionale, e poi Roberto Mandolini e Vincenzo Nicolardi, che invece rispondono di calunnia.