La mattina del 24 gennaio 2014, Elena Ceste, casalinga, moglie e mamma di 37 anni scomparve misteriosamente dalla sua abitazione di Costigliole d’Asti lasciando il marito Michele Buoninconti ed i suoi quattro figli. Un rapporto, quello tra i due coniugi, che negli ultimi tempi stava attraversando un momento di crisi. Il corpo di Elena, dopo mesi di ricerche ed appelli da parte del marito, vigile del fuoco ad Asti, fu trovato solo il 18 ottobre del medesimo anno nelle acque del Rio Mersa, nelle campagne distanti solo pochi metri dalla sua abitazione. La scoperta del cadavere avvenne per caso, durante i lavori di bonifica di un canale di scolo. Le indagini preso piede portando a concentrare l’attenzione e soprattutto i dubbi degli inquirenti proprio sul marito Michele Buoninconti. L’uomo è stato condannato in tre differenti gradi di giudizio a 30 anni di reclusione ed attualmente sta scontando la pena in carcere, dove continua a dichiararsi innocente. In primo grado fu il gup di Asti, il 4 novembre 2015, a distanza di quasi un anno dal ritrovamento del cadavere di Elena Ceste, a dichiararlo colpevole del delitto e dell’occultamento del cadavere. La seconda condanna in Appello a Torino giunse il 15 febbraio 2017 mentre lo scorso anno, il 17 maggio 2018, anche la Suprema Corte si è espressa contro Buoninconti rigettando il ricorso della difesa e rendendo definitivo il verdetto emesso dalla corte d’Appello di Torino. Per gli “ermellini”, “la colpevolezza di Buoninconti è l’unica possibile lettura da dare allo svolgimento dei fatti”.



OMICIDIO ELENA CESTE: IL MARITO MICHELE BUONINCONTI CONDANNATO

Secondo la Cassazione, Michele Buoninconti premeditò il delitto della moglie Elena Ceste al fine di punire la sua “infedeltà”. Secondo quanto contenuto nella sentenza di condanna, riportata da VelvetGossip, “i tempi strettissimi in cui l’imputato commise elenail delitto e poi occultò il cadavere, compatibilmente con il falso alibi già predisposto, comportarono una serie di azioni ben studiate, così da poter essere eseguite in continuità secondo una cadenza sul filo dei minuti”. Nonostante le gravissime accuse però, Michele ha continuato a definirsi innocente e lo ha ribadito anche di recente, in una lettera affidata al suo legale, avvocato Enrico Scolari ed affidata alla trasmissione Quarto Grado: “Ancora non riesco ad accettare ciò che è accaduto. Perchè a Elena? Non poteva stare ancora un altro po’ con i suoi figli che tanto amava? Col dolore nel cuore ti scrivo queste cose: Perché? Perché? Non c’è notte che non le rivolgo le preghiere con la speranza di venirmi in sogno”, aveva scritto. E nel ribadire la sua estraneità aveva proseguito: “Chissà quando finirà questa sofferenza alla quale si aggiunge la disperazione di non essere creduto”. Secondo l’accusa, nel commettere l’atroce delitto di Elena Ceste, Buoninconti sarebbe stato animato “dal più atavico dei sentimenti maschili: una sete di dominio unita ad un malinteso senso dell’onore”. Aveva dunque “l’esigenza di affermare il proprio dominio unitamente a un sentimento di vendetta di fronte a tradimenti comprovati”. Anche per questo, secondo la procura, l’uomo non meritava sconti di pena.

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