Un cittadino afgano di 31 anni, Ahmad Shah Sahak, è stato arrestato oggi dalla polizia di Brindisi per ordine del Tribunale, con l’accusa di favoreggiamento della immigrazione clandestina e per reati ad essa connessi. L’indagine, come riporta la stessa Polizia di Stato, è stata condotta dagli uomini della Digos attraverso una intensa attività basata su intercettazioni sia video che ambientali alle quali si sarebbe affiancata l’attività di osservazione e pedinamento. L’intenso lavoro ha portato a constatare la presenza a Brindisi di un ampio gruppo di persone formato principalmente da stranieri (in particolare afghani e pakistani) e di altri cittadini italiani, tutti coinvolti in condotte riconducibili al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Attraverso le indagini è stato inoltre possibile appurare altri elementi di collegamento tra l’uomo afgano finito in manette ed altri soggetti, quasi tutti pregiudicati del posto. Dalle indagini è trapelato come il cittadino afgano avrebbe fornito false attestazioni di ospitalità o falsi contratti di locazione, in cambio di denaro (da 400 a 2000 euro a straniero), con l’aiuto di altri stranieri.



FAVOREGGIAMENTO IMMIGRAZIONE: UN ARRESTO A BRINDISI

L’afgano arrestato oggi avrebbe rappresentato, secondo quanto riferito da TeleRama news nell’edizione online, il punto di riferimento per gli immigrati che giungevano in Italia bisognosi di regolarizzare la propria permanenza. Era il 12 aprile 2017 quando la polizia di Brindisi riuscì a sgominare una banda accusata di occuparsi di favoreggiamento dell’immigrazione e in quell’occasione, cinque persone furono arrestate. Dalle indagini emerse come cittadini stranieri, con la collaborazione di italiani, collaborassero nel far ottenere, dietro pagamento, rilasci e rinnovi di permessi di soggiornoarrest, fornendo false dichiarazioni di ospitalità. A finire in manette il 31enne afgano Sahak Ahmad Shah, alias Sak Jan, per il quale oggi la Digos ha eseguito il suo arresto in esecuzione della sentenza. L’uomo dovrà scontare due anni e sei mesi di reclusione oltre al pagamento di 91mila euro come pena pecuniaria.

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