«C’è poco da stare allegri. Calano fatturato e Pil ma aumentano i gay»: questo il titolo in apertura che campeggia nell’edizione di Libero di ieri, Vittorio Feltri nel caos per l’ennesima volta. Il direttore del quotidiano ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni de Il Foglio e ha spiegato: «Certo che provoco. Lo faccio apposta, ma non prendetemi troppo sul serio. Ci siete cascati ancora». E non c’è alcun segno di pentimento: «Assolutamente no. Sono quarant’anni che sto dentro il codice dello sberleffo e della ribalderia. A me i gay stanno simpatici. Non ho nulla contro gli omosessuali. E soprattutto mi stanno simpatiche le lesbiche, che condividono i miei stessi gusti». Vittorio Feltri spiega: «Guarda che io posso anche esagerare, ma poi ci sono una sintassi e una semantica che rispetto perché la lingua italiana – almeno io, Di Maio non so – la conosco abbastanza. Se c’è chi invece non capisce il codice dell’ironia, della provocazione, anche eccessiva e paradossale sono problemi suoi».



VITTORIO FELTRI: “IL FATTO QUOTIDIANO FA PIU’ SCHIFO DI LIBERO”

«E comunque non me ne frega un ca*zo», ribadisce Feltri, che non le manda a dire a nessuno. Il direttore di Libero prosegue: «Io per natura sarei sempre tentato di scrivere in modo paludato. E invece scelgo professionalmente il linguaggio colloquiale e provocatorio. Ho cominciato a lavorare nel 1962, ho sempre fatto così, ho diretto nove giornali, e direi che ho avuto qualche successo». Un confronto tra i titoli del suo giornale e quelli de Il Fatto Quotidiano e de La Verità: «Con loro non ho nessuna parentela. Cerco di non fare politica, mi annoia a morte. Però il Fatto mi piace. Perché? Perché fa più schifo di libero». Una battuta sui due direttori, Maurizio Belpietro e Marco Travaglio: «Belpietro? Non so se è mio figlioccio. Ha lavorato con me per tanti anni. Ma io ho un altro modo di fare. Non che il mio sia migliore, anche se lo penso. Travaglio? Ha una certa personalità. E ha una buona capacità di scrittura. Solo che la tira troppo per le lunghe. E dopo cinquanta righe, anche noi che leggiamo i giornali con un occhio particolarmente interessato, ne abbiamo pieni i cog*ioni».

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