Il prossimo 29 gennaio si terrà la nuova udienza del processo d’Appello sull’omicidio di Marco Vannini, il giovane bagnino 20enne di Cerveteri ucciso nella notte tra il 17 ed il 18 maggio 2015 da un proiettile esploso da Antonio Ciontoli, padre della fidanzata Martina. Il caso sarà affrontato questa sera nel corso della trasmissione Quarto Grado, durante la quale interverrà ancora una volta mamma Marina. La donna, da ormai quasi quattro anni lotta con tutte le sue forze, insieme al marito Valerio affinché sia fatta luce sulle reali responsabilità di quella sera, all’interno della villetta dei Ciontoli,m a Ladispoli. Il figlio Marco fu lasciato morire a causa di una emorragia interna provocata dal proiettile che, entrando dal braccio, gli perforò diversi organi interni. Nessuno dei Ciontoli, però, gli prestò opportunamente e in tempi brevi soccorso e quando l’ambulanza fu chiamata per il ragazzo era ormai troppo tardi. Proprio mamma Marina, di recente è stata intervistata dall’Agenzia Dire ribadendo la sua volontà di giustizia per il figlio Marco e ricordando i momenti, seppur brevi ma bellissimi, vissuti insieme. “I 20 anni con Marco sono stati meravigliosi. Ma sono stati pochi. Non c’è stato il tempo di fare tutto”, ha spiegato la donna, senza nascondere lo strazio che le ha provocato la sua morte. Una madre coraggio che oggi continua a lottare spinta solo dalla ricerca della verità. “Non è facile per un genitore al quale hanno ucciso un figlio rimanere lucido e lottare per avere giustizia. Sono sempre stata una donna forte e ho una famiglia che mi sostiene, mio marito che mi e’ sempre vicino. Noi siamo in vita per dare giustizia a Marco, perché dentro siamo morti”, spiega ancora.
MARCO VANNINI, IL DOLORE DI MAMMA MARINA
Marina e Valerio, genitori di Marco Vannini, dopo il loro arrivo al Pit di Ladispoli fanno in tempo a sentire solo poche parole pronunciate da Marco. Sono parole di aiuto. La madre oggi ricorda, nell’intervista alla Dire: “Ho pensato si fosse ripreso”. Ed invece mentre un elicottero lo trasportava al Gemelli, Marco entrò in arresto cardiaco. Per lui, da quel momento, non ci fu più nulla da fare. Una morte sopraggiunta molto probabilmente per via di quei ritardi incredibili e di quelle drammatiche telefonate al 118 ormai divenute tristemente celebri nelle quali non viene mai resa evidente la gravità della situazione. “La verità in quella casa la conoscono solo loro”, dice ancora Marina, riferendosi all’intera famiglia Ciontoli ed a Viola Giorgini, fidanzata di Federico, anche lei presente nella villetta di via Alcide de Gasperi. Perchè la storia del processo, spiega la signora Conte, non è esattamente tutta la storia dell’omicidio di Marco Vannini: “Noi in processo in Corte d’Assise a Roma ci stiamo per il dopo, ovvero da quando è partito il colpo d’arma da fuoco. Noi a Roma ci siamo per l’omicidio volontario con dolo eventuale per il Ciontoli e per concorso nello stesso capo d’accusa per il resto della famiglia”. Senza usare mezzi termini, poi, aggiunge: “Secondo me bisognerebbe rivalutare il prima. Per il pm è stato un incidente, ma quella pistola era difettosa e non poteva sparare se non era stata scarrellata”. Ora, l’attesa è tutta per la nuova udienza del processo d’Appello che si terrà il prossimo 29 gennaio. Mamma Marina ha solo una speranza: “Dall’Appello mi aspetto la giustizia giusta. Sono una cittadina italiana e voglio essere tutelata”, dice. E spera che almeno questa volta i giudici possano tenere conto di tutta la vicenda, delle chiamate fatte al 118 e soprattutto “del fatto che Marco poteva essere salvato”.