Inciampare in una delle “famose” buche di Roma è pericoloso. Non solo perché ci si può far male, ma perché si rischia di pagare un conto salato. Una professoressa di 76 anni lo ha scoperto durante la sua battaglia legale contro il Campidoglio. È durata 13 anni, poi si è dovuta arrendere. Il 21 dicembre scorso la Cassazione le ha fatto un regalo di Natale indesiderato: la signora deve pagare 30mila euro per aver messo il piede in fallo ed essersi rotta un braccio. La vittima della buca di via Taro, una delle strade principali dell’elegante quartiere Trieste, aveva chiesto un risarcimento da 100mila euro per quella caduta nel 2006 in uno dei sempiterni crateri romani. La pretese è stata bocciata in pieno dagli Ermellini, secondo cui non è colpa del Comune di Roma se le strade sono tutte un rattoppo. Inoltre, è facile imbattersi in una buca, quindi bisogna tenere gli occhi aperti quando si cammina e non distrarsi. Nei giorni scorsi, scrive La Repubblica, per una caduta analoga l’aspirante assessora M5s era stata risarcita con mille euro dall’assicurazione del Campidoglio.
ROMA, CADE PER UNA BUCA: CONDANNATA A RISARCIRE IL COMUNE
I giudici del Palazzaccio hanno confermato la sentenza della Corte d’appello: come riportato da Repubblica, ritengono anche loro che la voragine fosse «non occultata da foglie o cartacce, perfettamente visibile, avvistabile da qualunque pedone che avesse attraversato la strada con un minimo di diligenza». Quindi, hanno confermato la versione dell’avvocatura capitolina, che parla di «comportamento incauto della danneggiata», perché «un utente ha l’obbligo di prudenza e diligenza in una strada pubblica». In sostanza, la colpa dell’incidente è tutta della vittima che ora dovrà risarcire il Comune e la ditta che avrebbe dovuto occuparsi della manutenzione di quella strada. «La presenza su strade pubbliche di sconnessioni, avvallamenti e altre irregolarità non costituisce un evento straordinario ed eccezionale, ma rappresenta, al contrario, una comune esperienza rientrante nell’id quod plerumque accidit». E quindi gli utenti della strada devono «comportarsi diligentemente per sé e per gli altri». Questa posizione ha scatenato polemiche su polemiche.