Ci sono fatti davanti ai quali si vorrebbe solo fare silenzio e recitare la preghiera all’Angelo Custode. Tale la morte del piccolo Julen.
Ma, se c’è qualcosa piena di rispetto, da pronunciare quasi a bassa voce, è accennare all’indicibile dolore di chi sopravvive ai propri figli. Non è forse un caso che la lingua italiana – non so le altre – possiede le parole che indicano lo stato di chi dalla morte è privato del coniuge o dei genitori, ma non ha quella che designa la condizione di chi perde un figlio. Un vuoto che sembra alludere alla voragine che si scava dentro l’anima del papà e della mamma e che, lo dicono tutti coloro che hanno visto morire un proprio figlio, non si rimargina più.
E’ dunque con delicatezza che osiamo accostarci al dolore di due genitori che nel breve spazio di pochi mesi vivono la prova della morte di Julen e quella del fratellino di poco più grande, rapito da un arresto cardiaco. Quale misterioso disegno nella casualità di questa duplice morte. A quale sofferenza sono chiamati i loro genitori, quanto pesante è la croce che è stata posta sulle loro spalle. Noi speriamo che la fede loro e quella degli amici che hanno pregato durante i lunghi giorni dell’incertezza li aiuti ad accettare un destino altrimenti oscuro.
E tu, piccolo Julen? Spinto dalla curiosità e dalla voglia di giocare, tu sì sei precipitato nell’oscurità della terra e quando sono riusciti a venirti a prendere, eri ormai altrove. Laggiù, dove tutti gli sforzi per salvarti e la lotta contro il tempo si sono rivelati inutili, c’era la parte di te che è stata restituita ai tuoi genitori. Davvero intessuto nelle profondità della terra, forse anche tu hai lottato per risalire alla luce. E, nascosto agli occhi degli uomini che ti cercavano invano, ti guardava Dio per il quale solo le tenebre non sono oscure.
Tu non sei solo il bimbo per cui la Spagna ha pianto, come tanti anni fa ha fatto l’Italia per Alfredino, imprigionato come te nella stretta cavità di un lunghissimo cunicolo. Tu sei anche il segno che tutti noi siamo nelle mani di un Dio che permette il dolore e il buio per richiamarci a volgere gli occhi verso la luce.