PANAMA – Un silenzio interminabile, irreale, meravigliosamente anti televisivo. Un’assenza di suoni, di rumori, di respiri. Un vuoto acustico paradossalmente pieno. Di vita, di emozioni, di speranza. E tutto in una distesa popolata di centinaia di migliaia di volti, rapiti dal nulla o dal tutto che accadeva su un palco immenso, sormontato da una tenda bianca, che luci violacee facevano assomigliare a una gigantesca medusa adagiata sul blu dell’oceano. E’ stato il momento più incredibile della JMJ, la Giornata Mondiale della Gioventù in salsa panamense. Tutti catturati non da Francesco superstar, né dalla musica a palla, o dall’incanto della notte spolverata dalla brezza dell’oceano, ma semplicemente dall’ostensorio tenuto in mano da una Madonna di metallo dorato. Un’adorazione eucaristica così intensa da far venire i brividi.



E sì che elementi di distrazione ce n’erano. Innanzitutto proprio quella Vergine, con il volto triangolare che da lontano ricordava ET. Il corpo bucato per offrire il seme del suo ventre. Svuotata. La kenosis di Maria. Il suo sì: l’annullamento nel Dio che riempie il suo corpo. Immagine bellissima teologicamente, molto meno nella resa plastica. E poi il resto: i corpi brucianti di caldo, gli odori della fatica e dell’attesa sotto il sole, le tende ammassate, le presenze ingombranti, le zanzare e gli insetti, gli effluvi che venivano dalla terra impastata di paglia e concime. Il metro park, che ha ospitato la veglia della GMG panamense è un’area rurale attraversata anche da canali. Una zona dove si gioca l’ultima scommessa immobiliare della City, terreno di scontro tra ambientalisti e speculatori finanziari. E proprio lì sono finiti i ragazzi arrivati da tutto il mondo.



Proprio lì è arrivato il Signore. Il suo corpo. Sulla terra della contraddizione. Segno lacerante e allo stesso tempo pacificante. La bella notte panamense ha riservato molte sorprese: dalle parole, come sempre infuocate e trascinanti del pontefice, alla scoperta di un popolo e di un paese, Panama, capace di grande ospitalità e generosità, alla qualità dei giovani cristiani finiti in questo evento ecclesiale fuori stagione, che ha tagliato forse le gambe ai turisti occasionali della spiritualità, ma alla fine ha portato sotto quel palco chi voleva con tutte le sue forze andarci.

Ma sicuramente il più straordinario e consolante dei doni è stata la contemplazione silenziosa di Gesù Eucarestia. La contemplazione di una Presenza viva, tangibile, carnale. Che ha messo tutti sullo stesso piano, ragazzi e Papa, vescovi e volontari, sacerdoti e poliziotti. Ognuno con il cuore colmo, forse per ragioni diverse, di gratitudine e di dolore. Quante volte abbiamo la possibilità di vivere un momento così intenso? Così pubblicamente e sfacciatamente vero? Così profondamente cristiano da mettere d’accordo tutti? Spero che chi pensa che le GMG abbiano fatto il loro tempo se ne ricordi. Prima o poi.



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