Non poteva certo mancare nella lunga “polemica” contro l’Accademia della Crusca uno che con l’italiano corretto nutre parecchi problemi da diversi anni: il più imitato degli imitati, l’ex senatore Antonio Razzi, poco prima di andare in onda questa mattina su Telelombardia ospite del programma “Orario Continuato” ha voluto lanciare la propria personale “sfida” alla Accademia della Crusca: «Si può dire esci il cane? Hanno imparato da me: come ho sempre detto, si parla l’italiano di Dante ma se avessi nato prima io di Dante, si parlava oggi l’italiano di Razzi». Del resto, come ripete assieme al conduttore Marco Oliva sul proprio account Instagram, «Quando in trasmissione c’è l’onorevole Razzi sono sempre Razzi miei o Razzi vostri»: come dargli torto? Per l’ex senatore che – parafrasando il grande comico Paolo Cevoli – si fa da anni paladino della “ignorantezza”, le novità della Crusca rappresentano un “marchio di fabbrica” che dovrebbero ora riconoscergli ufficialmente (il confine di quando scherza e quando è serio, come sempre, è assai labile): «Oggi molte parole vengono copiate da me e allora le porto anche io nei Tre Cani», dove ovviamente il riferimento va alla nota “Treccani”. Lo invitate a parlare? Sono sempre “Razzi” vostri del resto…

“ESCI IL CANE” SI PUÒ USARE ALLORA?

Ora, per un giorno i nostri amici calabresi, siciliani, pugliesi o napoletani o chiunque – anche al nord Italia – hanno sperato che finalmente l’Accademia della Crusca riconosca come italiano corretto i termini tanto odiati da ogni (sano) insegnante di italiano: «esci il cane» o «siedi il bambino» o ancora «sali la spesa» e via dicendo, secondo l’Accademia che cura l’ufficialità della lingua italiana potevano essere finalmente (?) utilizzate dopo anni di correzioni e “stecche sulle nocche” ai nostri colleghi che utilizzavano impropriamente i verbi intransitivi. Inizia tutto l’11 gennaio mattina quando «in nome della rapidità del linguaggio domestico» l’Accademia della Crusca ha riconosciuto sul proprio portale formule come quelle testé presentate: il post recitava, «Molti lettori ci chiedono se è lecito costruire il verbo sedere con l’oggetto diretto di persona: siedi il bambino, siedilo lì. Queste domande evocano situazioni, per così dire, tutte di ambito domestico, spesso caratterizzato da rapidità di linguaggio per affrontare determinate circostanze, per esempio quando c’è urgenza di far sedere, mettere seduto, posare su una sedia o un divano un bambino, magari piangente», segnalava uno degli accademici, Vittorio Coletti. L’interpretazione subito contestata è stata ovviamente il passaggio dove si leggeva «Diciamo che sedere, come altri verbi di moto, ammette in usi regionali e popolari sempre più estesi anche l’oggetto diretto e che in questa costruzione ha una sua efficacia e sinteticità espressiva che può indurre a sorvolare sui suoi limiti grammaticali».

L’ACCADEMIA DELLA CRUSCA: “SOLO IN CONTESTI INFORMALI”

La bufera social ormai era servita: scontri regionali, Nord vs Sud, professori inorriditi, gente anche stupita che reagiva con un candido «ah perché, “esci il cane” non si può dire? E da quando?» e via discorrendo: intervistato dall’Agi questa mattina, il Presidente dell’Accademia della Crusca ha provato a chiarire il possibile “misunderstanding” che ha scatenato per giornate intere, specie ieri, la rete e i social network. «Il problema è che ogni vota che si trasferisce un discorso scientifico sottile su un piano mediatico si producono risultati perversi» – dice Claudio Marazzini – «Coletti ha guardato con simpatia a una spinta innovativa che trasferisce un modo di dire popolare, accettandola nell’eccezione della quotidianità e delle situazioni familiari. Naturalmente se viene trasportato nella grammatica della scuola nascono dei problemi perché l’insegnante sarà comunque chiamato a correggere quelle forme nell’italiano scritto e formale». Insomma, in poche parole, l’Accademia non ammette “esci il cane” o “siedi il bambino” ma decide di “sorvolare” sul parlato continuando a non ammettere quelle frasi in contesti formali: «rientrano totalmente in un livello convenzionale perché la lingua scritta, a differenza di quella parlata, non nasce spontanea, ma è regolata. Di fronte alle tendenze del parlato il linguista è sensibile perché tenta di cogliere il mutamento in atto, ma il grammatico no e si erge a limite invalicabile». Intanto, al netto delle polemiche, c’è già qualcuno – non vi sveliamo il genere, tanto crediamo lo indoviniate – che ci vede del positivo nella semi-rivoluzione dell’italiano: «l’unica eccezione che salverei è #escile”. Chissà perché…