Un figlio completamente innamorato dell’eroina ed un padre disperato a pochi mesi dalla drammatica scoperta fatta in famiglia. Parte da qui la testimonianza di un uomo al Corriere della Sera, mentre racconta il suo ingresso negli inferi, quell’inferno che in tanti conoscono come il bosco della droga di Rogoredo, dove è un continuo viavai di persone accomunate dalla medesima dipendenza distruttiva, come quella che per troppo tempo ha avuto il figlio, lo stesso che ora ha accettato di ricoverarsi in una comunità e farsi aiutare. “Sono entrato al boschetto di Rogoredo per riprendermi mio figlio. È un limbo di spettri”, ha raccontato il padre al quotidiano. Quella resa è una testimonianza coraggiosa ma non per questo meno dolorosa. Aveva 17 anni quando il figlio iniziò a bucarsi, insieme alla fidanzata appena 15enne. Con un salto indietro nel tempo, il padre torna al 4 giugno di due anni fa, in occasione della festa di fine scuola media della figlia minore. Il primogenito si drogava da tempo ma dopo la scoperta della famiglia la situazione era precipitata e lui decise di andar via da casa. Quindi la decisione del padre di andarlo a cercare in quell’inferno dove temeva ma al tempo stesso sperava di trovarlo. “Entravano persone di continuo, nel boschetto. Ho vagato per ore tra le siringhe, gli sguardi vitrei. Speravo di vedere mio figlio e allo stesso tempo avevo il terrore di trovarlo”, racconta. Ma il figlio non era lì. Lo trovò nei pressi della stazione di Rogoredo, in preda alle convulsioni per l’astinenza. “Mi si è strizzato il cuore”, dice, “Gli ho chiesto quanto ci voleva per farlo stare bene tutto il giorno, magari fino al giorno dopo. Mi ha risposto: 20 euro”.



BOSCO DI ROGOREDO, LA TESTIMONIANZA DI UN PADRE CORAGGIO

Fu in quel modo che, con un dolore immenso, il padre diede i soldi necessari affinché il figlio potesse “stare meglio”. Insieme a lui ripercorse le vie dell’inferno. “Si è iniettato la dose, mentre io mi voltavo dall’altra parte, perché quello era troppo, veramente troppo. Quando siamo usciti sembrava tornato d’improvviso lui. Era “fatto” ma in un modo strano, grato perché gli avevo procurato la droga”. La festa della scuola andò bene, il fratello si commosse, poi prese parte al buffet prima del ritorno a casa. Il pomeriggio successivo, però, uscì nuovamente e sparì per mesi. La prima volta che si bucò era il 2015 e da allora per due anni continuò a farlo compatibilmente con la sua frequenza scolastica. “Non aveva dipendenza fisica. Era solo più nervoso in casa, diceva più spesso la solita frase (“Mi state troppo addosso”), si chiudeva in camera… Ma quale adolescente non lo fa?”, si domanda oggi il padre. Poi tutto precipitò velocemente: a cinque mesi dal diploma, tutto crollò. “Era innamorato dell’eroina e non vedeva nient’altro. Improvvisamente il rapporto con noi non esisteva più”, ricorda ancora il padre. Una notte, all’inizio del 2017, la scoperta choc. Sul cellulare del figlio l’uomo si ritrovò di fronte alla cruda realtà. Messaggi e immagini che parlavano di dosi, foto di siringhe e molto altro. Quando chiese spiegazioni al ragazzo, divenne una furia. Da quel giorno non mise più piede a scuola e non prese mai il diploma. Il padre, di contro, tornò spesso nel bosco della droga di Rogoredo, “superando l’orrore e la vergogna”, solo per poter vedere il figlio che, a sua volta, era talmente perso da non accorgersi di lui. Da poco ha accettato di entrare in comunità e curarsi. “Sappiamo che sarà lunga, dolorosa. Che le ricadute non saranno fallimenti ma parti del percorso. Se mi dicessero che tra sei mesi mio figlio non c’è più, prenderei ferie tutti i giorni e lo seguirei ogni attimo, ovunque. Anche all’inferno”, ha chiosato l’uomo.

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